On the road again. L'estate è una cosa consistente che morde
le spalle con quell'insistenza di sole e ti fa scappare la voglia di metterti
al tavolino del bar di piazza e ordinare una qualsiasi bibita ghiacciata anche
se non hai un soldo in tasca. I denari guadagnati in nero per un notissimo
sindacato, compilando a mano centinaia di dichiarazioni dei redditi per gli
iscritti, sono finiti. Noi che siamo
tutti studenti di lettere e affini e che per un mese abbiamo ripetuto "ha
cose da dedurre, chessò spese mediche, spese per un funerale, un'assicurazione
sulla vita" mettendo in piedi una ghigna da jettatori mica da scherzarci.
Ora stiamo lì, qualcuno ha anche passato un esame o due. Dallo stereo della mia
127 verde arrivano suoni che pompano ancora voglia di andare e l'impianto è un
radione attaccato coi fili e il nastro direttamente a un accrocco che si
alimenta con la batteria della macchina e per questo quasi sempre tocca
spingere per partire. Mi ricordo perfettamente come mi sento. Ho fatto l'amore
tutta la mattina con la finestra che regala un cielo senza fine e sembra di
scopare col mondo tutto. Poi abbiamo preso la macchina e siamo andati a
mangiarci la pizza coll'acciuga sotto la pergola dello Sbarco, con l'acqua
della roggia che corre sotto le tavole di legno e quel fresco e il vino bianco
ghiacciato e i cornicioni delle pizze buttati a Blu sotto il tavolo. Al tavolo
di fronte c'è uno che ha lasciato il triciclo con le ferraglie di recupero a
prendere il sole e si è fatto una porzione di baccalà e fottuto lui si sta
tagliando le unghie delle dita dei piedi con un cazzo di tronchesino e le
schegge partono da tutte le parti e se mi finiscono nella pizza mi alzo e ti
svito la testa dal collo. Te l'ho detto e hai sorriso senza alzare la testa,
che lo sai che posso davvero farlo se son preso brutto, e anche io rido e ora
sei morto ma quel carretto mi piacerebbe sapere dove è andato a finire, che
troppe volte te l'abbiamo spostato e tu uscivi dal bar e senza fare una piega
ti mettevi a cercarlo e ripartivi urlando "merde, siete tutti delle
merde". Ti volevo bene ma vigliacco se te l'ho mai fatto sospettare. La
regola.
Insomma a fine pasto
arriviamo dalle parti della casa dello studente e restiamo lì con la radio che
arriva dalla macchina e quella maledetta contr'ora che sfianca e i pensieri
spalancati a far passare l'aria e parole lente e risate soffiate appena e un
paio di birre che girano. Poi viene fuori 'sta storia del pane di Matera e la
salsiccia come dio comanda e i falchi grillai, che è una cosa troppo lunga da
spiegare ma io li volevo vedere. "Andiamo a Matera"
"Quando?" "Domani.""Ma non abbiamo una lira che sia
una""Cerchiamo qualcuno che venga con noi". All'epoca c'erano le
schede telefoniche che le infilavi nella cabina e parlavi e tutti avevamo delle
schede con un pezzo di nastro adesivo strategicamente messo in un punto per cui
su alcuni telefoni pubblici che avevamo imparato a riconoscere parlavi e alla
fine della chiamata ti ricaricava intero il credito. Da non crederci ma ho
tutta la mia generazione che può testimoniare. Piuttosto mi piacerebbe sapere
chi è il genio che ha inventato il trucco ma questa è un'altra storia. Alla
fine Marcello dice che a lui farebbe anche comodo tornare a casa a Matera e
quindi non resta che passare da Venezia a prenderlo. Le ruote della 127 sono
alla frutta. Vado da un amico coll'officina e gli spiego e senza dire niente mi
monta un paio di ruote enormi davanti, cerchione con stemma alfa romeo e gomma,
e mi dice "ho solo queste ma te le regalo". La macchina sta alzata
davanti come un maledetto chopper. Dietro abbiamo messo le migliori di quelle
che già montavo. Immaginatevi una 127 verde campo con mille aggiunte a
bomboletta di altri colori, il cruscotto foderato a stelle strisce e con un
radione a occupare il sedile di dietro per intero. Con le gomme di un furgone
montate davanti peggio dei latinos a Los Angeles. E dalla radio esce roba tipo
Jorma Kaukonen o gli U2 o i Clash o le Violent Femmes o quello che raccattavamo
in giro che io all'epoca amavo intrattenere gli amici con la mia imitazione di
Julio Iglesias. Il cruscotto non funziona e con tocco tutto femminile lei decide
di fissare una enorme sveglia al posto della strumentazione, per far vedere che
non siamo proprio dei reietti. Lei è la stessa che mi aveva regalato una sorta
di lampadario da mettere in macchina con tutti gatti che dondolavano e che in
accelerazione sfregiavano i passeggeri ma tanto a quelli non gliene fregava che
erano già mezzi morti col peso del radione da tenere in braccio e l'alito del
cane che ogni volta, che raccoglievo autostoppisti dicevo "de dog is not
dangerus bat dont tacce de dog" e quei poveretti si facevano pezzi di
viaggio con quello stronzo di Blu che li fissava e ringhiava ma la regola
ferrea era che egli mordeva solo se toccato e se sai le regole è tutto a posto.
Una volta mi son caricato due danesi, lui e lei, sulla Romea e da Ravenna li ho
portati a Venezia e per tutto il tempo io mi sono innamorato di lei e Blu si è
odiato di lui. Io e il cane eravamo in sincrono sempre. Ci chiamavamo tutti e
due Blu. Certe cose fanno identità, altro che la polenta dei leghisti. Insomma
la mattina presto si parte. Abbiamo i soldi contati. Non facciamo autostrada.
Andiamo piano ma andiamo. Finestrini aperti. A ottanta chilometri da Udine
sento un rumore tremendo all'avantreno. Mi fermo e guardo sotto e vedo un
braccetto spaccato all'anteriore sinistro. Le malelingue potrebbero ipotizzare
che aver montato enormi ruote possa essere in relazione col danno. Balle. Può
capitare. Così le dico mentre mi guarda interrogativa. Si ferma un uomo con un
trattorino e chiede. Scende e guarda nell'intimo dell'anteriore sinistro della
mia 127. Si è rotto il braccetto, mi dice. Te l'ho appena detto, vorrei
rispondere, ma è la mia unica possibilità e me la gioco col sorriso rispettoso.
"Aspetta qui". Sono dalle parti di San Donà e ammetto che sulla
ferrata per Portogruaro ho tirato fino quasi a cento e passa. S arà stato
quello dice lei. Ma cosa vai a pensare. Può capitare. L'uomo torna con il
braccetto della 127 e me lo monta lì, in mezzo alla campagna. Non ci crediamo. Non
vuole nemmeno i soldi che ci offriamo di dargli senza averli. On the road
again.
A Venezia sale Marcello. Non ha una lira e pensava di
approfittare del fatto che al telefono gli abbiamo detto che andiamo a Matera.
Ripartiamo a settanta fisso. Giù per la Romea e poi l'Adriatica. A Rimini siamo
fermi a un semaforo e arriva uno a palla con una macchina piena di adesivi tipo
corsa dei poveri. Frena ma sta arrivando lungo. Salto sul marciapiede per
evitarlo e passa con uno stridore di gomme e rischia la strage. Io di mio ho lasciato
il copertone sullo spigolo di pietra. Monto la ruota di scorta piccola. Un benzinaio
ci accrocca un'altra ruota di un'altra misura ancora. Andiamo avanti. Di
mangiare nemmeno a parlarne. A ogni salita metto in folle e spingiamo con il
moto sincronizzato dei nostri bacini sul sedile. Assesto dei colpi pelvici al
volante che nessun flipper resisterebbe e forse anche qualche femmina farebbe
tilt ma non è tempo ora. On the road again.
Ci fermano i carabinieri un numero di volte impressionante.
Ci mollano sempre. Arriviamo nelle campagne tra San Severo e Foggia che è buio,
maledettamente buio. Eppure nei campi e nei fossi a bordo strada vedo del
movimento. Cazzo, ci sono poliziotti dappertutto. Stanno accoccolati dietro i
muretti a secco e sparsi in giro ma li illumino coi fari. Mi viene il dubbio
che ci abbiano intimato di fermarci. Sono tantissimi. Già mi sento lo scomodo
dei proiettili della mitraglietta piantati nella schiena. "Ci hanno
fermati""Che cazzo ne so, sono tantissimi""Minchia".
Mi fermo e metto le doppie frecce che il precedente proprietario s'era permesso
il lusso di far montare la doppia intermittenza e ora faccio il gradasso.
Niente, dal buio arriva solo il buio. Mi figuro che ci abbiano puntato tutte le
armi contro. Aspettano una nostra mossa come nei filmi e lo sa dio quanti filmi
ho visto io, tutti giocati sull'ultima mossa. Avranno avvertito anche una
qualche base segreta e un paio di maledetti missili a ricerca termica sono già
in cammino verso di noi. Maledetto me e il vizio di portarmi dietro femmine
troppo calde. Ora il missile ci becca a colpo sicuro. Decido che devo fare
qualcosa. Scendo dalla macchina e avanzo verso il buio nero nero nero. Alle mie
spalle l'intermittenza delle doppie frecce come nel più tragico dei presepi
viventi. Mani alzate, piedi nudi, che io guido a piedi nudi d'estate, bermuda
di tela grossa con le tasche alla coscia e la camicia verde colle maniche
tagliate. "Scusate..." lungissima pausa in cui realizzo che il cane
che mi segue sempre è rimasto in macchina. Niente di buono. "Ehm...
scusate... ci avete fermato" Grido rivolto al buio."Levati dal cazzo
coglione. Sparisci" "Grazie" grido senza ironia
"Arrivederci". Mi giro e continuo a tenere le mani alzate che questi
qui gli basta un niente e magari nessuno ha detto ai missili di interrompere la
loro caccia micidiale.
On the road again. Arriviamo a Altamura che è quasi Matera
ma a Matera il pane è molto più buono e se non sei dello stesso parere nessuno
ti obbliga a leggere oltre e non sei persona gradita a casa mia. A Altamura
hanno il Padre Peppe e l'affogato del signor Cicatidd ma il pane è cosa
materana. Ora già me lo immagino che non potrò più passare da Altamura
serenamente ma il coraggio della verità prima di tutto. Insomma a Altamura non
abbiamo più soldi sul serio e sono sedici ore che guido a settanta all'ora.
Lasciamo una patente in ostaggio e ci danno un fiato di benza per proseguire.
Torniamo la sera dopo rifocillati e felici a recuperare il documento e il
benzinaio ci fa vedere decine di documenti in ostaggio nel cassetto. Ci
sentiamo in gran sintonia con l'universo.
On the road again non l'abbiamo mai sentita in tutto il
viaggio e parlo di quella dei Canned Heat.
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