Ieri arrivo a casa a sera già bellamente avviata. Sono in stato confusionale, al punto
d’aver ascoltato in macchina per mezz’ora buona “la zanzara” su radio 24. Ci sono gli estremi per l’annullamento
del matrimonio ma Ste è comprensiva e ci rimedio un bacio del perdono che mi sembra
un bell’acconto per la notte in arrivo. Cazzeggio per la casa, Suono la
chitarra, dico una sfilza di cazzate e prendo in giro Orso che sta studiando
un’architettura complessa per l’incrocio dei suoi lacci nelle scarpe da
ginnastica. A cena ci spadelliamo i bucatini all’amatriciana e devo confessare
che io non mi rendo per niente utile, limitandomi a mangiare taralli e a
addestrare i cani a ritrovare pezzi di pane sotto i mobili, che almeno in caso
di calamità se c’è da ritrovare dei panini sotto le macerie mi posso presentare
io col mio team. Olmoteam ci voglio scrivere sulla fiancata del picàp.
Ora devo spiegare com’è articolato l’arredo della cucina,
altrimenti non è chiaro come si sono svolti i fatti. Abbiamo dei mobili enormi
e bianchi che Ste ha comprato a un mercatino di quelli “scambio e vendo”
pagando in blocco 50 euro. E ci sarà un motivo. Sono mobili incollocabili,
studiati per una comunità affetta da gigantismo e demenza. Chissà a cosa
pensava Ste quando li ha comprati. In cucina ci stiamo strettissimi e non più
di tre persone perché lo spazio è occupato da una ciclopica struttura lignea
che ricorda le torri da cui si avvistavano i saraceni. In scala uno a uno.
Dentro nessuno ricorda cosa ci sia perché se provi ad aprire la porta enorme
che scorre su ruote la struttura collassa. L’unica cosa utile è la superfice
bianca che abbiamo coperto, ho coperto per la precisione, con mille vignette che
raccontano di Dani e dei suoi amici. Nel tempo ho dovuto aggiornare a ogni nuovo
amico e ora sembra la camera funebre di una piramide con tutti ‘sti personaggi che
raccontano le loro piccole storie. Ci sono i cani ovviamente e c’è Ste che l’abbiamo
scherzata molto e non somiglia ma fa ridere e ci sono io che mi ha fatto Dani e
ho lo zaino e il cappellino e c’è Dani con la chitarra e l’amplificatore e via
così. Noi mangiamo ammucchiati in un angolo e a tavola abbiamo anche un bronzo di
uno scultore della scapigliatura che non dirò, che ho trovato in un mercato pagandolo
zero e che vale parecchio ma noi che lo volevamo vendere ci siamo innamorati di
‘sto bambino un po’ sghembo e l’abbiamo ribattezzato Eros e lo teniamo a cena
con noi fisso. Accanto a Eros c’è Valenia che è una maraca a forma di giraffa.
La casa è tutta così insomma. Un Vittoriale pop. Eravamo alla cena. Quando mi
siedo guardo l’armadione che mi copre la vista dei fornelli e che mi ha salvato
la faccia la mattina che Ste ha provato a fare l’orzo nella caffettiera provocando
uno scoppio significativo. Orzo boia. L’esplosione di caffè sul muro è rimasta perché
è un’istallazione che chissà quanto pagherebbe la gente per averci una cosa così
sulla parete. Vabbè, mentre mangio noto che mi guardano e ridono anche i cani
ma questo succede sempre e la mia autorità è stata messa in discussione il giorno
in cui ho dipinto le pareti del mio studio di arancione acceso e l’ho fatto da solo,
con un golpe e in barba al parere della popolazione, tipo la TAV. Da allora il
mio consenso è sceso a picco. Mentre mangio chiedo notizie della tartaruga. Bobbiliù,
la tartaruga a cui abbiamo dato il nome di un caro amico nostro, sta bene e si
è svegliata dal letargo. Occupa il terrazzino della cucina che, per lei e solo
per lei, è stato riempito di terra e sassi e una ciotola d’acqua e, da poco,
anche da un lampioncino di quelli che si ricaricano col sole. Sto parlando di
una superfice che arriva a stento al metro e mezzo quadro. Questo però vi
fornisce nuove chiavi di lettura sul perché io sia follemente innamorato di Ste.
Tutti all’inizio pensano che tra i due quello di fuori sia io, poi il tempo è
galantuomo e si chiarisce l’equivoco. Sta di fatto che a un certo punto alzo lo
sguardo e lo vedo. Sulla parete di fronte a me c’è un enorme orologio rosa con
la cornice bianca. Agghiacciante. Proprio sopra la vecchissima bilancia da fruttivendolo
coi pesi e tutto, i cui piatti sono gremiti di pupazzetti che si trovano nei
sofficini e, bada bene, noi non mangiamo sofficini per cui se nella tua
confezione non hai trovato il babacetto come da regolamento guardaci con
sospetto e dicci dove vai a fare la spesa. Nel quadrante dell’orologio rosa al
posto dei numeri ci sono animali in un rosa più chiaro. Tutto in bianco e rosa
questo orologino raffinato. Ogni volta che scocca l’ora parte il verso di un animale.
Euro dieci a San Salvario per questa meraviglia. Nove euro più di quello che
vale. Alle otto la lancetta va su maiale e sarebbe già agghiacciante così ma il
bello è che a animale raffigurato non corrisponde il verso per cui il porco raglia
come un indemoniato. Resto basito a fissare il maiale che ha appena ragliato.
Mi assicurano che quella bella tecnologia è dotata di un sensore che quando c’è
il buio azzittisce le bestie. E io mi fido pure. Alle due di notte un gatto miagola
come miagolerebbe un felino domestico se lo sodomizzassero con una borraccia da
ciclista piena di gingerino. I cani saltano in piedi e si lanciano vero la cucina.
Mi sveglio e tiro una maledizione che col gatto e i cani si accorda subito in
un coro dalla magica polifonia. Ste socchiude gli occhi. Lo vedo perché ho acceso
la luce per capire dove mi trovo. Ride. Poi torna a dormire della grossa. Dopo
è la volta delle anatre, dell’asino e dell’uccellino. Stesso copione, i cani abbaiano,
io sbarro gli occhi e maledico, Ste la intuisco che ride e dorme ma evito di
accendere la luce. La mattina a colazione riunisco gli stati generali e minaccio
pesanti ritorsioni. Dani dice che lui ha dormito benissimo e ridono gli stronzi.
La teoria di Ste è che entra troppa luce dalla strada. Compreso il lampioncino
che hanno attrezzato per la tartaruga casomai dovesse andare in bagno la notte.
Decidono che la sera, prima di andare a dormire, copriranno con un panno nero l’orologio
della fattoria del demonio. Giusto per portarmi rispetto ma io lo so già che
quel cazzo di sensore non funziona e al primo chicchirichì prendo la macchinetta
che distribuisce le gomme da masticare che ho accanto al comodino e gliela
scaglio addosso. Senza contare che anche certe sicurezze vanno in pezzi se mentre
ti giochi le tue migliori carte d’amatore nell’altra stanza nitriscono. Non c’è
partita.
Si avvicina l’ora. Non c’è verso.
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