"e io piangerò e saranno lacrime di silicone, perchè il futuro tutti ci svelerà per quegli androidi di prima generazione che siamo, difettosi nel chip dell'emozione." blughost
domenica 17 novembre 2013
martedì 5 novembre 2013
La fatica
Dire
che aveva perso il lavoro era ancora addolcire la pillola. L'avevano
mandato via. Cacciato con il marchio della colpa infamante. La
motivazione diceva, in soldoni, che passava le ore a scaricare
immagini porno da Internet. E lo spiegavano con certi giri di parole
e un uso di sinonimi nauseante. Annusava file di sesso esplicito.
Così chiamavano la documentazione scopereccia che infarciva le
maglie lasche della rete. Invece di fare il suo dovere, per il quale
era pure pagato e a loro, ai capi, sembrava già di fargli un gran
favore a dargli lo spettante tutti i ventisette. E ogni mese, con la
busta, si beveva la loro faccia da "devi solo ringraziare che".
In realtà le cose erano andate diversamente e la sua propensione
pornofila non era mai esistita. Tutto era partito dalla moto. La sua.
Aveva l'alternatore che caricava male e la batteria se n'era andata
al bar a prendere qualcosa di caldo, che in strada pioveva a
secchiate. Il motorino d'avviamento, dopo un paio di singulti
partecipi, roba di cui non s'era mai fidato, aveva cominciato ad
affannarsi e arrancare. Poi il collasso. Dallo scarico destro partì
un botto da capodanno. Cazzo. E pure la puttana pioggia a metterci il
suo. Guardò verso il discesone del garage. Riservato ai dirigenti.
Una spinta con la seconda inserita, mollando la frizione. E sperare.
Occhio solo al bagnato e alla ripidezza che enfatizza la potenza
dell'auto dei capi ma uccide i tentativi di messa in moto dei
sottoposti. Qualora, arrivato giù, la fottuta moto non si fosse
accesa, sarebbe stato un casino riportare alla luce il cadavere
rugginoso. Ma era l'unica possibilità. Spinse la moto fino
all'imbocco della discesa. Si sistemò, con il culo a cercare il
comodo sulla sella bagnata. Le palle presero subito la punta di
freddo e reagirono a riccio. La sua natura maschia si adeguò e il
potenziale di successo con le femmine in quel momento toccò il
fondo. Si spinse coi piedi e poi, a frizione tirata, giù verso il
buio e l'incognito. I dischi davanti sibilavano. Sempre più giù.
Più veloce. Ora. Aspetta ancora. Adesso. Aspetta ti dico. Vai che
c'è la curva. Motore che tossisce. Il cardano si punta e la ruota di
dietro accenna a intraversare la moto. Boia. Altra tosse dallo
scarico. Attacca ed è lei. Viva e roca. Tira la frizione e tiene i
giri alti. A corpo morto, giù in fondo. La curva, il buio e il
volpino. Cazzo. Cosa ci fa un volpino.
La
moglie dell'amministratore delegato aveva un volpino. E ci teneva
pure. Lo portava in giro con uno di quei guinzagli che schiacci un
bottone e il cane se ne va a zonzo a corda lunga, ripremi un altro
bottone e il cane viene richiamato come col mulinello da pesca. Se
poi il cagnolo è piccino, in un lampo te lo riporta alla mano e se
non ci stai attento te lo avvolge attorno al polso. Insomma lui sbucò
dalla discesa in bomba e rombo e fischio di freni, tutto quel casino
che fa una Guzzi quando parte. La ruota anteriore passò tra testa e
coda della bestiola e, a seguire, il pneumatico posteriore e tutto il
carico di ferro e cromo. Nemmeno un lamento flebile. Lo sfiato
dell'olio sbrodolò l'eccesso di qualche sera di bagordi. Sul
volpino. "Brummel vieni" disse lei pigiando il tasto e un
brandello di cane e sangue gli si avventò sul vestito costoso.
Costoso, costoso, costoso. La dama svenne. Juri si voltò e li vide.
Illuminati dalla luce dello stop. La padrona del cane, volendo anche
la sua padrona, scomposta in terra con una pizza di volpino sulla
faccia.
Poi si sono inventati quella
storia delle foto porno su Internet e l’hanno cacciato via.
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