mercoledì 20 dicembre 2017

RACCORDO DI NATALE






Vigilia di natale. Ho diciassette anni. Sto facendo seicento chilometri per passare il natale con i miei a Udine. Ho preso un treno senza sapere come e dove. Facevo sempre così, arrivavo alla stazione e prendevo un treno che mi portava più a nord o più a est o più a caso. Poi scendevo e ne prendevo un altro. Salivo sul treno e m’appoggiavo allo zaino di tela. Arrivavo velocissimo o mettendoci dei giorni. Non era così importante. Però quel natale i treni li avevo cannati tutti e mentre il pomeriggio tra Toscana e Emilia s’era lasciato ingoiare dal buio, ho realizzato che mi sarei perso il cenone e i filetti di baccalà fritti e gli spaghetti con le vongole.
Il treno era vuoto. Ricordo che faceva un maledetto freddo e forse era qualcosa di rotto nell’impianto, forse ero io vestito come capita. Me la giravo nel corridoio guardando gli scompartimenti vuoti. I miei anfibi tenevano il tempo, un passo dopo l’altro lungo i corridoi, e dal finestrino vedevo passare case e paesi che vai a capire. Alle mie spalle in ticchettio delle zampe di Blu. Cercava cibo come sempre. E avevo fame anche io. Non c’era più nemmeno il controllore, il capotreno, il personale viaggiante. Tutto vuoto. Un treno maledetto e fantasma.
Torno indietro dal mio giro ricognitivo. Nello scompartimento, nel posto di fronte al mio, c’è una ragazza. Faccio per entrare, la vedo e chiedo scusa. Ho sicuramente sbagliato posto. Poi guardo in alto e sulla retina dei bagagli c’è il mio zaino. Lei mi sorride “non c’era nessuno nel treno e ho pensato di venire a sedermi qui per non stare da sola”. A quell’epoca la timidezza se n’era già andata e ho pensato che era un regalo davvero. Mi ha chiesto quasi subito dei soldi, si portava addosso una storia falsa o vera di fuga da casa e cose così. Dopo qualche minuto, a gioco scoperto, s’è alzata e è sparita, inghiottita dal corridoio. Chiedermi soldi era stato un azzardo davvero. Bastava guardarmi. Ho dormito a Bologna in stazione e la mattina ho visto l’alba su Venezia mentre nelle cuffiette del walkman andava un disco di Bob Dylan, “New Morning”, che ora non si ricorda più nessuno. Ho provato in quel momento qualcosa che forse è quello che voi umani chiamate commozione. Per anni ho avuto fantasie erotiche pazzesche con la tizia nello scompartimento del treno e ancora oggi la cerco e spio negli scompartimenti per vedere che faccia ha adesso.






sabato 2 dicembre 2017

STORIA DI NATALE









Si avvicina il Natale. Conosco persone che vanno pazze del natale.Federico Sirianni fa l'albero a settembre. Andrea Bonopera ha un albero di natale perennemente acceso sulla pensilina del benzinaio e luci natalizie perenni in giardino. Questi sono cari amici ma il peggio ce l'ho in casa. Ste mi ha invaso la cara dimora di babbi natale e pupazzielli di neve di tutte le fogge e micropresepi e renne. Tutto quel repertorio diviso tra medio oriente e paesi nordici che noi diciamo che sono le nostre profonde radici e tradizioni, spacciando una certa dimestichezza con palme e cammelli e renne e slitte che se solo avessimo visto un paio di documentari lo sapremmo che la renna in palestina dura come una sottiletta alla parata dei topi. Ieri sera sono arrivato a casa è c'è già sulla porta un babbo natale serbo a forma di chiave in ferro battuto. Qualcosa di orrendo che però offre grande sicurezza contro i ladri, che mai toccherebbero quella porta così bardata e non per rispetto al natale ma piuttosto al possibile serbo che abita l’appartamento. Chiamala suggestione mediatica e ringrazia le tigri di Arkan se non ti fanno la casa a Natale. Ma è solo l'inizio. Ogni anno succedono cose e Dani è maledetto complice. Un anno Ste si mise in testa di fare l'albero come Pippi Calzelunghe o Gigi Ballista, adesso non ricordo di preciso a chi diceva di ispirarsi, che l’aveva visto in un film e troppo siamo caduti in quel set da canale privato secondario. Prese un abete di proporzioni ragguardevoli e lo addobbò di dolcetti e pupazzetti e cioccolatini e luci colorate e marzapanotti e frutti secchi e caramelle. Stracarico. Non so voi ma io ho sempre avuto un paio di cani a farmi compagnia nella mia vita travagliata. All'epoca avevo Blu, icona canina che tutti i miei amici sanno, e Babà, un boxer totalmente pazzo che mi diedero al canile perchè nessuno lo voleva in quanto squilibrato e enorme e che ha condiviso con me e la mia ganga una decina di anni fantastici. Due cani indimenticabili che si facevano i cazzi loro e convivevamo meravigliosamente con noi senza obbedire a degli ordini ma convenendo piuttosto con le nostre decisioni. E a casa mia questo è un pregio. Vivevo all'epoca in campagna ma i cani stavano in casa con noi e uscivano in giardino solo se uscivamo noi. L'unica volta che ho messo fuori Babà, con una testata ha sfondato la finestra della cucina ed è entrato. A casa mia questi gesti ti fanno guadagnare punti. Sta di fatto che Ste fa questo albero di natale che sembrava una tela di Hieronymus Bosch e poi esce per venirmi a prendere. Arrivavo in treno da Roma e ero andato a consegnare le bozze del mio libro sul Boom economico, un tempo facevo libri seri ora faccio libri acustici. Volevamo festeggiare. Lo so che lo state già immaginando. Quando siamo arrivati a casa la scena era agghiacciante. Fossero passati gli Unni sarebbero stati più gentili. L'abete abbattuto era precipitato sui mobili attorno in un delirio di danni e detriti. I dolcetti spiaccicati ovunque e masticati, le luci tranciate, la presa pericolosamente fiammata con il muro nero e l'impianto di casa saltato a morte. Siamo andati a dormire lasciando un campo santo bombardato in casa e al freddo perchè non avevo nessuna voglia di mettermi a trafficare con l'impianto di casa. Buon Natale a voi e alle vostre tradizioni e alle vostre radici forti come l'abete del salotto.