La ricerca storica
tradizionale ha basato, fino a tempi relativamente recenti, la sua struttura
metodologica sull’analisi e l’esplorazione di precise tipologie di fonti, che
erano considerate più “affidabili” rispetto ai dati forniti. Allo scopo
l’esperienza dello storico era tutta circoscritta agli ambiti istituzionali,
come archivi pubblici, biblioteche, musei, fondi privati di particolare
consistenza. Anche in questi precisi ambiti il ricercatore tendeva a
circoscrivere ulteriormente il suo terreno d’indagine, evitando di prendere in
considerazione alcune tipologie di fonti. Negli ultimi anni la metodologia
della ricerca ha accettato di confrontarsi con le fonti in maniera molto più ampia e articolata. Lo
“storico orco” teorizzato da Marc Bloch, fagocitatore di tutti gli ambiti
documentali e in grado di analizzare le diverse tipologie di fonti riportandole
sempre sul piano prioritario dell’ambito storiografico, è ormai una figura
metodologica consapevolmente accettata dagli studiosi. Alle fonti tradizionali
si affiancano adesso bacini documentali meno esplorati e il cinema, la
fotografia, la musica, la pubblicità, la narrativa, il fumetto, la grafica, la
cultura materiale, s’ intrecciano e si confrontano, fornendo spesso aspetti
inediti e inconsueti delle realtà storiche e sociali che s’ intende analizzare
o, ancora, rafforzando con ulteriori prove, la lettura di un determinato
periodo già analizzato attraverso elementi consueti alla ricerca. Un impegno
metodologico di questo tipo pretende una robusta preparazione del ricercatore
che non può permettersi di indagare in modo superficiale le diverse tipologie
di fonti ma che deve altresì essere edotto dei problemi di gestione tecnica dei
materiali o di veicolazione degli stessi in rapporto al periodo di produzione.
Risulta evidente che la natura infinita di informazioni possibili da
confrontare sollecita un rapporto fitto di scambio all’interno della comunità
scientifica e la costituzione di specialità d’ambito che di volta in volta
possono essere coinvolte. Altro è l’ambito proprio dello storico dell’arte o
del cinema, più specificamente vocati alla dissezione di determinati materiali,
allo storico possono servire magari solo alcuni indizi contenuti nella tela o
nella pellicola ma un confronto interdisciplinare diventa irrinunciabile e
consente di acquisire altri elementi.
Il confronto tra le diverse fonti consente un’esposizione
dinamica della ricerca storica, che permette di trasferire informazioni in
maniera accattivante ma sempre senza banalizzare i contenuti. Soprattutto a
livello didattico, la possibilità di leggere un periodo storico, attraverso
l’interazione dei testi tradizionali e una rassegna di film o una panoramica
dei linguaggi pubblicitari dell’epoca, o, ancora,
attraverso la canzone, può offrire la possibilità di lavorare con la
variazione dei temi, su una soglia d’attenzione difficilmente raggiungibile
attraverso l’esposizione tradizionale.
Proviamo a fare un esempio d’approccio metodologico: la
lettura di un’immagine non è solo funzionale all’analisi tecnica o dei
contenuti cosiddetti espliciti. Un film non deve necessariamente essere
filologicamente corretto nella ricostruzione
del periodo e dei luoghi in cui i suoi personaggi si muovono ma spesso fornisce
indizi sulla storia sociale o politica di un determinato contesto che
rischiano di passare inosservati. Nel 1963 il regista Ugo Gregoretti propone
nelle sale italiane la sua prima opera cinematografica importante, sulla scia
dei successi televisivi di questo autore. Omicron, questo il titolo del film, è
uno stranito film fantascientifico in cui un extraterrestre entra nel corpo di un operaio torinese,
interpretato da Renato Salvatori, e inizia la sua esplorazione del mondo degli
umani. La pellicola segnò inesorabilmente la carriera cinematografica di
Gregoretti che non seppe più recuperare l’insuccesso di sala. A onor del vero,
a volte la storia raccontata nella pellicola risente di ingenuità piuttosto evidenti
che ne fanno a oggi un prodotto visto solo da cultori. Per lo storico però
questo prodotto minore consente la lettura di determinati aspetti sociali
significativi. L’extraterrestre arriva
alla catena di montaggio e l’uomo si prende la rivincita sulla macchina che dal
celeberrimo Chaplin di“Tempi moderni” aveva infierito sull’elemento umano,
ridotto a mero ingranaggio produttivo. Stavolta l’uomo è tale solo nell’aspetto
esteriore e lavora alla pressa con un ritmo forsennato, fino all’esplosione della
macchina utensile. Ai colleghi sbigottiti da tale incremento produttivo il
caporeparto sottolinea che da adesso si lavora a quel ritmo e che non vuole più
sentire parlare di supersfruttamento. A questo punto lo storico è sollecitato.
Il concetto di supersfruttamento fu materia di dibattito sindacale solo nel
’63, anno di produzione del film. Successivamente si ritenne inutile
distinguere tra sfruttamento e supersfruttamento e probabilmente di questa
polemica restano solo brandelli scomposti negli archivi ma in questa pellicola,
pure minore e sicuramente, per la scelta del regista, lontana da temi
marcatamente realistici, ne abbiamo sicuro riferimento. A questo punto il
laboratorio attivato comincerà a ricostruire gli anni del Boom economico
attraverso le canzoni dell’epoca, le fotografie, i giornali, la pubblicità e
gli apparati multidisciplinari svilupperanno in modo naturale un possibile
prodotto multimediale.
Abbiamo scelto un esempio piuttosto specifico e complesso
nella gestione perché risulta evidente che altri materiali danno immediata
ragione dei possibili collegamenti ma se tutto è fonte ci si può applicare
anche su temi considerati marginali e poco utili. Certo se si vuole parlare di
guerra di resistenza e si utilizza “L’Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo
i riferimenti sono molto più diretti ma è lo storico che ci può raccontare
l’importanza di una pellicola sui temi della resistenza che ha per protagonista
una donna e che viene realizzato nel 1976, anno in cui la figura femminile è al centro di aspre lotte di rivendicazione.
L’interazione delle diverse tipologia delle fonti
restituisce efficacemente i quadri
politici, economici e sociali. Altro è raccontare il boom economico dell’Italia
degli anni Sessanta attraverso le tabelle di analisi demografica e i grafici
che danno ragione degli incrementi produttivi, altro è affiancare a questi dati
le pubblicità dell’epoca dove categorie sociali come la casalinga e il giovane,
compiutamente espresse in quel periodo, hanno una loro evidenza e sono in
relazione coi beni di consumo e le abitudini nuove. A livello didattico non
deve sfuggire il rapporto che corre tra l’utente medio e i materiali proposti.
Ci sono immagini, segni, gesti che sono entrati ormai nell’immaginario
collettivo come iconici di una determinata epoca. Se mostriamo un’ utilitaria
Fiat 500, sappiamo per certo che il richiamo agli anni del boom è piuttosto
automatico e conviene lavorare sul dato acquisito per fornire sicurezza e
consapevolezza. Successivamente all’immagine della famiglia stipata
nell’utilitaria affianchiamo la
pubblicità di un frigorifero e raccontiamo che sui mercati internazionali
l’Italia si colloca come massimo produttore di quell’elettrodomestico. Il dato
è interessante, curioso ma soprattutto reso meno lontano dalla vicinanza con la
nostra utilitaria che fornirà un ponte
tra le informazioni acquisite e quelle nuove.
Attraverso questo confronto si potranno definire le
differenti identità culturali, i modi sociali mutuati da ambiti esterni e più
in generale avere una visione complessiva degli eventi storici. A questo punto
proponiamo un film dell’epoca che mostra una famiglia in vacanza, lo associamo
a una canzone come “Con le pinne, il fucile e gli occhiali” e possiamo permetterci
una riflessione sul tempo libero e sulle ferie di massa e, più in
generale, sulle modalità di sviluppo
della società industriale.
Nell’ottica del “tutto è fonte” nuovo interesse destano i
materiali conservati all’interno dei singoli nuclei familiari e nelle piccole
comunità, supporti fondamentali di certo lessico familiare e conservati come
traccia di memoria domestica. I riti di passaggio fondamentali, la nascita, la
formazione di una coppia, la morte, trovano testimonianza efficace nei
materiali conservati nei cassetti delle case di tutte le famiglie,
indipendentemente dall’estrazione sociale. Lo storico trova spunti alla ricerca
anche in elementi che all’origine non rivestivano interesse specifico. Una foto
può ritrarre un lontano parente e per chi la possiede è già supporto alla
memoria, all’emozione ma magari lo storico troverà più interessante il tram a
cavalli che si intravede alle spalle del personaggio ritratto. In ogni caso non
c’è un ordine gerarchico di interesse dello studioso nei confronti delle fonti
e anche quelle domestiche possono rivelarsi efficaci testimoni.