lunedì 5 marzo 2012

Fare cartello

dovrebbe essere chiaro ma per i timidi che tastano il terreno in punta di piede prima di ogni passo valga il consiglio: manda la musica e leggi di conseguenza. senza obbligo come per tutta la vita.




Pasian di Prato, dove la strada si allarga in un parcheggio a spina di pesce, cinque posti appena, con tanto d'aiuola. Sul cancello verde c'è un ATTENTI AL CANE scritto a mano su un pezzo di latta.
L'etichetta sul campanello non c'è mai stata ma tanto quelli che suonano difficilmente sanno leggere ed è la sua fortuna. La casetta è su un piano solo, col giardinetto curato e una magnolia che stenta a prendere. Dietro la casa c'è il garage con la serranda sbilenca che se ne rimane lì, aggrappata al cassone rugginoso della avvolgibile, e non cade da sempre.
Accanto al garage c'è una piccola costruzione in cemento con la porta di legno dipinta con una vernice gialla che si stacca a pezzi spessi e generosi. Lo studio, il laboratorio, la bottega.
Juri si alza la mattina presto. Arriva al bagno, pavimento freddissimo, con le ossa umide di un'intera notte. Mentre piscia guarda fuori, oltre la tendina. Panoramica sul giardino, stringe sul garage, zoomata sul laboratorio, dettaglio porta.
Il cane, che ha dormito di un unico sonno sotto il letto, si scuote e si stiracchia.
Juri percorre il breve corridoio strisciando i piedi pesanti sul linoleum disegnato a parquet. Ributtante. La padrona di casa lo trova pratico. Apre la porta quel tanto che basta per fare uscire il cane che, di suo, corre a pisciare sotto la magnolia stenta. Forse per quello.
Entra in cucina e, ancora in mutande, rimane davanti ai fornelli aspettando che la caffettiera faccia i suoi gargarismi. Il caffè lo scuote perchè per riuscire a berne un altro, decente, è costretto a uscire.
Fuori piove molto spesso. Juri controlla venti volte se ha le chiavi in tasca e una volta su quattro gli tocca rientrare dalla finestra del bagno. Il cane gli scodinzola tra le gambe e lui inspira forte col naso l'aria del mattino. Ha spesso il naso chiuso e quel gesto finisce per essere una citazione della caffettiera di prima. Rimane in apnea con la narice che vorrebbe fremere e invece gorgoglia. Avvicinandosi al cancello getta un’ occhiata di lato, al vialetto e alla macchina. La vecchia 127, dio l'assista, e' sempre al suo posto.
Un RIMANI QUI al cane e via fuori a coprire i cinquanta metri fino al bar CALIFORNIA, che chissà se quei tre milioni e rotti del totocalcio li hanno vinti loro o cosa.
Cenni di saluto, alza lo sportellino e prende un cornetto. Dice CAFFE' sollevando l'indice verso l'alto e masticando a bocca aperta. La ragazza annuisce. Juri cerca il giornale e lo apre sul frigo dei gelati in finto legno. Come il suo corridoio. Ogni tanto lascia proseguire la notizia oltre il giornale, fino al tabellone dei gelati e gli assassini affogano nello zuccotto e i magistrati indagano sul mistero della COPPARICA che lì, in fotografia, spumeggia di panna e amarene e dal vero non e' altro che un pezzo freddo e duro di fiordilatte variegato TAMPAX.
Molla il giornale e torna verso casa. La sua fortuna e' che il laboratorio, il suo STUDIO, ce l'ha lì, senza doversi costringere a prendere mezzi e pioggia. Gira la chiave nel lucchetto che resiste sempre al primo tentativo. Juri ci riprova paziente finchè non sente lo scatto che, con la ruggine che corre da queste parti, non e' mai come uno se lo aspetta. Domani ci metterà dell'olio.
Dentro, a far luce, una lampadina appesa al soffitto in un groviglio di nastro isolante rosso e piattina. Sul vecchio banco da falegname barattoli di vernice, pennelli sporchi, pennelli meno sporchi, diluente, bombolette, pennarelli e un vecchio normografo. Odore d'acquaragia.
Juri entra e urta con un piede la spillatrice che chissà come è finita per terra. Il pavimento non viene spazzato da un secolo e tutt'attorno c'è un aria da dopo la piena. Passa dall'altra parte del bancone e apre un'altra porticina in legno e muffa, altro odore che si appoggia alla spalla dei visitatori,  che separa lo studio dal magazzino. Un giorno che c'era poco lavoro, erano i primi tempi, ce l'aveva voluto scrivere, a scanso d'equivoco: MAGAZZINO.
Dietro la porta cerca a tentoni, la stanza non ha finestre, una cordicella sospesa tra il soffitto e le dita. La tira ed è la luce. Dentro, illuminati dal giallo della lampadina da trenta, mucchi di cartone, fogli di compensato, fogli da disegno e materiali di disparata provenienza. L'ordine è minuzioso e contrasta con il resto dell'ambiente, casa compresa.
Juri prende un pacco di cartoni e lo posa sul tavolino di formica, un vecchio banco scolastico con il buco per il calamaio. Ne sceglie tre dopo averli esaminati attentamente. Li posa sullo sgabello basso e rimette gli altri a posto. A volte ne scarta qualcuno, lo rompe e lo butta fuori, nella legnaia. Torna nel laboratorio e comincia a trafficare con uno schedarietto ricavato da una vecchia scatola di biscotti LAZZARONI. Tira fuori una scheda, gli dà un'occhiata e la posa sul tavolino. Solleva vari oggetti nel tentativo, infruttuoso, di ritrovare la penna che, cazzo di cane, l'aveva lasciata lì ieri sera. La trova nella tasca del gilet di pelle che, per la cronaca, indossa spessissimo. Juri porta sempre jeans, per fortuna ne ha svariate paia, e ai piedi ha sempre lo stesso paio di anfibi che fino a tre anni prima erano indistruttibili.
Si schiude appena la porta. Stamane è il primo. Il cane non ha abbaiato quando l'ha visto varcare il cancello perchè con gli anni ha imparato a riconoscerli.
"Avanti" Juri ha visto la lama di luce sul pavimento e non ha sollevato nemmeno la testa, tutto concentrato sul suo lavoro.
"E' pronto?" domanda il tipo, maglia slabbrata.
"Ti avevo detto di passare nel pomeriggio" lo guarda da sopra gli occhiali da vista.
"Attacco alle due, sono venuto a vedere se e' possibile averlo per oggi"
"Vai a berti un caffè e ripassa tra un'ora"
"Ce la fai?"
"Ci provo"
L'uomo, andandosene, accosta la porta. In tanti anni hanno capito come comportarsi. Juri stava lavorando a un'altra cosa, una di quelle idee che gli vengono svegliandosi e che gli tocca fermare prima che diventino un qualunque detrito della sua memoria.  Appoggia tutto sul mobiletto a lato, apre un cassetto e tira fuori un notes. Fa girare rapido i fogli. Nell'emergenza userà qualche vecchia idea anche se normalmente rifugge questi espedienti. Prende un pezzo di compensato che a prima vista gli sembra troppo nuovo.. Lo macchia con qualche schizzo di vernice verde e gli spezza un angolo con un paio di  tenaglie. Si ferma un attimo, la mano sospesa a mezz'aria, e alla fine opta per un GRINTA nero. Lancia un'altra occhiata al notes, stende la pagina che gli serve con la mano e lo piazza sul suo lato destro, quello dell'occhio migliore.
                                 
                                               SONO DI BOEZIA TANTI
                                     GIORNI NO E MANGIARE E CIBBO
                                             MIO FIGLI MOGLIE MALLATA
                                                   AIUTA ME

Non vuole ripetere  pedissequamente il testo già usato a suo tempo e quindi decide di apportare alcune modifiche: una elle a MALATA e un AIUTA ME al posto del classicissimo GRAZIE. Una volta decisa la modifica la inserisce in schedario. Per i caratteri tira fuori un ALBUM di studi grafici e opta per un BORRACHO BOLD. Se ne va via tutta l'ora promessa che, per fare le cose, bisogna farle bene.
Quando il cliente torna, il cartello è pronto. Sono cinquanta centesimi a lettera più tre euro per il supporto. L'altro a contrattare non ci prova nemmeno.
Juri, su richiesta, rilascia fattura.



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