In mezzo al mare. La costa è lontana e la distesa d’acqua
salsa si gonfia in onde che prendono il mio kayak di fianco, costringendomi a
procedere con una rotta sghemba per tagliare la cresta e pagaiare con
l’illusione di volare sospeso sull’acqua. Quante volte l’ho provata questa
sensazione di essere un niente a galleggiare nel niente, che in quell’azzurro
che domina e non c’è terra e non c’è acqua e non c’è cielo, la sensazione è
quella di essere in un non mondo e ogni tanto un pesce che salta o qualcosa che
galleggia sembra sussurrarti che è tutta apparenza e che in un'altra dimensione
succedono cose e la vita pulsa. E tu sospeso in bilico su quella linea
d’orizzonte, che è l’unico indizio per stabilire che sei ancora da questa parte
del cielo.
In mezzo al mare. Come nei viaggi in moto e nell’andare per
boschi o per piazze o per corridoi di treni o cessi d’autogrill, sei solo a
misurarti i pensieri. E allora me lo chiedo qual è il maledetto guizzo che
m’anima alla vista dell’acqua e del porto e della riva. Mi chiedo cos’è quella
vertigine che mi prende quando mi alzo all’alba per vedere i pescatori che
tornano e mettono i pesci ordinati nelle cassette sui carretti, per portarli a
vendere a quelli che poi li porteranno a vendere a quegli altri che poi li
porteranno a vendere e a vendere e a vendere e poi ci sarete voi in fondo a
questa corsa, con le vostre forchette sospese sul gesto d’assaggiare. E direte
che è fresco anche quando il pesce è saltato da un furgone a un aereo, a un
carrello di ristorante per giorni. Ordinerete e sarà un lampo negli occhi a
farla innamorare, mentre chiedete con sciolta abitudine il risotto con gli
scampi, che, diciamocelo, poche cose sono stupide come uno scampo che giralo
come vuoi c’è da mangiarci nulla ma ti ingombra il piatto e fa bel punteggio
sul tuo bollettino della socialità vincente. Status lo chiamano, lo scampo fa
status. Sarà per questo che lì in mezzo al mare e ficcato nella mia canoa
sorrido a questa mia vita senza scampo.