martedì 6 maggio 2014

Hula Hopper






Ieri notte sono finito nelle rovine del tempio del panino global. Dalle parti di Cremona. Non entravo in un fast food da anni e anni perchè ho difficoltà a coniugare il piacere con la sveltezza. Ma ieri notte dopo ore di viaggio ci siamo ritrovati in mezzo alla pianura padana e c'erano 'ste luci accese. Le uniche luci accese in quella botta di buio denso e, se ci pensi che dove guardi guardi non vedi montagne e non sospetti il mare, capisci che sei nel cuore nero del nulla e ti viene una fottutta paura dell'ignoto. Abbiamo parcheggiato, chiedendo ai cani di dare un occhio ai bagagli, che nel caso dei nostri cani è come chiedere a un vegano di finirti il kebab. Tanto è tutta la vita che possiamo fare a meno di quello che potrebbero rubarci e forse per questo non ci rubano mai niente. Il viaggio è stato un deliro. Sono riuscito anche a parcheggiare a Venezia, proprio Venezia, senza entrare nei silos. non m'era mai riuscito da sempre e nella laguna ci sarò andato qualche milione di volte. Insomma entriamo in 'sto posto che se vuoi puoi anche farti portare la roba al finestrino ma se tu fai entrare tre vassoi di merda fritta e cocacola a secchi nella nostra auto pigiata di bagagli e cani e tartarughe e noi, rischi di scatenare un casino pazzesco e quindi abbiamo rinunciato all'opzione cenetta sul cruscotto. Dentro c'era un'atomosfera da bar di guerre stellari. C'erano dei tizi, reduci di qualche rave, azzannati dalla fame chimica, che è uno stimolo superiore allo schifo che dovrebbe governare una persona che entra lì dentro. E poi c'era una coppia di sudamericani, lui e lei, e il maschio aveva la lacrima tatuata e insomma a saper leggere il libro del mondo c'erano pagine e pagine. 




Fuori c'era un rondò di questi che ora se fai sei chilometri in campagna devi farne in realtà sedici perchè ci sono rotonde a ogni piscio di cane. La rotonda era l'unico punto illuminato, con quei fari gialli che ti mangiano la nozione corrente di cromia e che messi lì sembravano una nave aliena sbarcata sulla terra. Nel rondò c'erano tre quattro ragazze in attesa. ogni tanto una entrava nel paninificio e prendeva un dolcetto o un qualche cosa. Stavano quasi sempre al telefono. Io e Dani abbiamo preso un cazzo di panino non mi ricordo ma c'era il bacon e certe salse ricavate dai gatti investiti e a giudicare dalla velocità delle auto sulla statale era prodotto a chilometri zero. Dani mi ha chiesto come funziona il commercio della carne, e non parlava di quella ficcata nei panini, che il ragazzo avrà solo tredici anni ma l'ha capito che non si può credere alla favola che nei panini di quel posto lì ci sia della carne vera. Parlava delle tipe a bordo rotonda e le guardava dalla vetrata e in un gioco di specchi e riflessi i cani guardavano noi nella vetrina dai finestrini dell'auto. Ne abbiamo parlato mentre un ragazzo obeso con delle braccia grossissime faceva le puliziie spostando lo sporco in terra da una parte all'altra della sala. Ne abbiamo parlato mentre aiutavamo Ste a montare il gioco che aveva conquistato prendendo un menù bambino, che è tutto quello che Ste concede a quei posti lì quando si tratta di scegliere e mangiare. Ne abbiamo parlato come sempre si parla tra noi che abbiamo un pusher fermo davanti al portone e un travestito barese enorme che mangia al tavolo accanto al nostro nella trattoria solita. Ne abbiamo parlato con quella bella possibilità di misurarci sul mondo senza veli morali e infingimenti. Ficcati dentro un quadro di Edward Hopper in una notte appoggiata sul bordo della pianura padana e della strada.