mercoledì 28 marzo 2018

Latinitas







Dalle parti di Largo Argentina c'è questa salumeria e ci passo tutti i giorni nella pausa pranzo, che in questa porzione strana della mia esistenza è un tempo che dedico a camminare per le strade strette del centro romano, abiurando a lustri e lustri di pranzi in trattorie e tavole calde. Ci passo e guardo questo signore di bella pezzatura, con gli occhiali a scivolargli sul naso e la voce che si porta dentro la curva melodica sfottente che è tipica di questi posti e che mi ricorda mio padre. Il bancone è una barricata di salumi e formaggi e terrine piene di verdure saltate e pizza, pane e tutta una dovizia da banchetto trimalcioniano. Ci entri e se guardi bene, se hai l'occhio allenato, ti rendi conto che, a parte la trincea di salumi all'angolo del bancone, il resto del negozio è riempito di merce buttata lì senza cura o criterio. Ti fai un panino con la salciccia cotta al momento sulla piastra e la cicoria ripassata e prendi pure la bottiglia d'acqua e paghi tre euro, Qualsiasi cosa prendi in forma di panino costa tre euro, compresa l'acqua. Il signore dietro il bancone insieme al panino, sempre customizzato, ti omaggia di sentenze e frasi che percepisci prese da un rigido copione. Se ci vai spesso la smette di fare questa parte da caratterista e ti parla di questa sua vita di fatica infinita, sempre dietro un bancone. Poi sorride e ti dice. "M'ero messo in pensione ma i soldi erano pochi e gli acciacchi parecchi e allora ho accettato di venire a lavorare qui. Ci vengo qualche ora al giorno e faccio il romano, perché questo posto mica è il mio. La gente entra e crede che sono il padrone e che lui lavora per me" e indica un ragazzo pakistano che non parla mai e batte gli scontrini "ma è il contrario. M'ha assunto per trasformare 'sto minimarket, che così ce n'è un milione, in un posto tipico, che ci stanno certi che vengono qua apposta per i panini miei romani e sentimme mentre dico le fregnacce mie". Sorride mentre si toglie la fatica dalla fronte con uno straccio "e pensare che quando lavoravo per conto mio i panini mi rifiutavo di farli".

Questo personaggio qua è la metafora di qualcosa che non dovrebbe sfuggirmi ma che ancora non afferro compiutamente. O forse semplicemente non me lo voglio dire.

giovedì 1 marzo 2018

è la gente che fa la storia









e la gente, perchè dice che è la gente che fa la storia. fanno i corsi serali di degustazione di vini e poi dicono cose tipo "un retrogusto di sella di mustang bruciata e pannocchie peruviane limacciose conservate in un astuccio di violino" facendo schioccare la lingua sul fiotto di tavernello che il gestore della pizzeria ha travasato nella bottiglia di pregio. e fumano la sigaretta elettronica e scopano on line e quando viaggiano lo fanno con un'agenzia che pensa a tutto e comprano le attrezzature, tutte le attrezzature, da decathlon e si sentono come dei playmobil che cambiano cappello e cambiano avventura. non bevono alle fontanelle per strada e hanno un megafiltro montato sul rubinetto della cucina. vanno a vedere i film giusti per il gusto di farsi vedere mentre entrano e escono dal cinema. questi qui vanno a votare. c'è armonia nell'universo.

e la gente, perchè dice che è la gente che fa la storia. dicono che non possono guardare che gli fa troppa impressione, dicono che non possono sentire che gli fa impressione. per fuggire questa impressione che monta a neve tengono fisso davanti agli occhi lo smartphone, la linea Maginot dell'immaginario collettivo.

e la gente, perchè dice che è la gente che fa la storia. odiano l'odore di fritto. odiano i ragni. odiano le macchie sulla camicia, se si macchiano la camicia danno fuori di matto e certi si fanno ricoprire da sostanze mortali e poi spazzolano con vigore per gridare poi "oh no, adesso è ancora peggio, guarda che alone". odiano l'alone. odiano le cacche di uccello sull'auto. odiano i ciclisti se sono in auto, le auto se vanno in bici. odiano i cani che corrono, i cani che abbaiano, i cani che cagano, i cani che sbavano, i cani che mordono, perchè a questi qui i cani li mordono. odiano i bambini che gridano, i bambini che cagano, i bambini che sbavano, i bambini che mordono, perchè a questi qui i bambini li mordono. odiano i saldi perchè scoprono di aver pagato il doppio il mese prima. odiano andare a votare e si turano spesso il naso. non si accorgono che stanno fuggendo il loro odore.

e la gente, perchè dice che è la gente che fa la storia. ridono quando a uno gli domandano alla tele quanti sono i senatori e quello balbetta e dice dei numeri a caso oppure grida che non ha tempo da perdere. ridono tutti, tutta la gente ride. chiediglielo alla gente quanti sono i senatori. loro non lo sanno ma ti dicono però mica mi presento alle elezioni. chiediglielo alla gente se quella che hanno in casa e gli fa funzionare il lampadario e la lavatrice, per non dire la televisione, è corrente alternata o continua. ma non sono mica io che andrò sulla sedia elettrica ti risponderanno. per questo votano. per non andare sulla sedia elettrica.

e la gente ci tiene agli italiani e alla tutela di quella razza lì che a dirla così e a pensarla così gli italiani sono come il barboncino o il siamese ma è meglio non pensarci e impegnarsi a far baluardo col petto per difendere la razza. E vogliono prima gli italiani che io a girare per strada e sui treni e al bar mi guardo attorno e penso son questi qui gli italiani che dovrebbero stare primi, un coagulo di umanità dolente ma mica peggio delle altre umanità sparse, coerente con quell’idea dell’umano universale che non è poi immagine così edificante ma conviene farsene una ragione e adattarsi piuttosto che inventarsi ideali da tenere alti come bandiere e bandiere da sventolare come panni puliti. Dicono prima gli italiani e votano per governare una nazione che si fonda sulla loro condanna. vestono anche divise e si sentono servitori di uno stato e giurano su qualcosa che non può appartenergli perché li condanna. Fanno vite da clandestini sugli scranni parlamentari fingendosi tessere di un mosaico democratico e sognando il regime. Ecco, voterei per dirgli che sono in accordo con loro e odio i clandestini, li odio ringuattati nelle pieghe del tempo in attesa di straziare la vena di qualsiasi libertà. Odiano la libertà e hanno nemici farlocchi mentre la vita gliela succhiano i loro capi che ballano la danza macabra sulla loro ignoranza crassa e le loro storie da indignarsi sui social e fare la vittima belante. Piangono con i denti che grondano sangue. questi votano fingendo, sono i peggiori.