martedì 13 marzo 2012

Un dolore sordo



Mi sono comprato l’ultimo numero di Zagor a colori che esce con Repubblica ma il patto con l’edicola è che mi passano solo il fumetto che io sono uno che preferisce le storie vere alle cazzate dei giornali. Entro al bar e al bancone c’è la sorella di Vincenzo, che lui sta fuori con quelli della termoidraulica a fumare e a parlare di roba seria tipo lo stereo della macchina e il video di Belen che tromba. Vincenzo il video di Belen che tromba me l’ha fatto vedere nella televisione col dolby surround che si è fatto montare nella macchina da quelli del tuning di fronte e così abbiamo preso due piccioni con una fava. La fava è filologicamente corretta in questo caso qui. Se non hai mai sentito i gemiti di un porno casereccio sparati a mille dentro l’abitacolo di una Golf, pressato con altri cinque idioti ancora non sei pronto per la strada amico. Se non hai prima mangiato i cannelloni e il polpettone che preparano la moglie e la mamma di Vincenzo non hai futuro nella strada. Uomo avvertito, cazzi suoi. Mangio al Bar Sport, non sto scherzando,  da anni e per intenderci è lì che mi fanno il cappuccino con scritto SUKA col cacao che potete ammirare se siete amici miei su facebook.
Insomma mi metto al tavolino con Ste e il caffè e Zagor e nessuna voglia di andare a lavorare. Entra Carlo che è il fantasmagorico padre di Vincenzo, che a dire il vero è tutta una famiglia che sembra il casting di Guerre stellari. Carlo va per la settantina e se li porta splendidi che grazie alla forza sua ancora ne stronca a braccio di ferro e grazie alla chimica recente si può permettere serate nei locali da ballo con trionfi sessuali mica da ridere. Ha sempre un cappotto nero lungo di pelle. Amatrix. Una dolce vita nera e l’aria di uno che le ha viste e quella classe da duro sempre che è roba da storie marsigliesi di vecchio cinema. Un mio idolo assoluto che m’onora della sua confidenza e a volte ho la suggestione che mi parli da pari a pari. Con la parlata meridia e la voce impostata. Grandissimo. Un giorno ha detto a Ste “alla mia età mi tocca andare a ballare ma devo puntare quelle avanti con gli anni, che giusto le quarantenni ormai mi stanno a sentire”. Ste non gli ha detto niente perché nulla si può dire all’uomo monumentale che è.
Oggi è al bancone, mi saluta e continua a leggere quei quotidiani che ti passano gratis ai semafori. Entra una coppia anziana che sembra uscita dai fanghi dell’alluvione di Firenze. Sono di quell’epoca lì e son tutti sconquassati e hanno gli occhiali con le lenti azzurrate lui e lei uguali. Carlo alza gli occhi al cielo e ringhia una maledizione. I due lo puntano e cominciano a strepitare. Sono sordomuti e parlano emettendo suoni indistinguibili. A guardarli c’è da giurarci che avessero anche il dono dei sensi mancanti non li capiresti lo stesso. Carlo annuisce e sorride e ogni tanto si esprime a rapide frasi. Loro insistono e si accalorano. Lui annuisce ancora e poi dice “ma tu lascialo stare a quello. Le cose che dice ti devono entrare da qui e uscire da qui” e indica col dito  prima l’orecchio sinistro e pi quello destro. Non ci posso credere. Ste mi dice di smetterla di ridere ma vedere Carlo stretto all’angolo da quei due che lo martellano e lui che cerca di tenerli buoni è fantastico. Vale essersi svegliato. Poi se ne vanno e io mi complimento perché riesce a capire e a rispondere “Ma chi? Ma che cazzo dici? Ma ti pare che io li capisco a questi. Stanno nel palazzo e io sono capocondominio e sono vent’anni che mi scassano i coglioni e mai che riesca a capire cosa vogliono e strepitano che io da anni esco di casa e guardo nel pianerottolo sotto se ci sono loro e per strada cambio direzione se li vedo da lontano. L’unica cosa che capisco è Garello che è quello del sesto piano che è stato tanti anni ricoverato al manicomio e si litiga sempre con loro. Io dico lascia perdere ma il brutto è quando fanno la domanda e aspettano la risposta. Allora io dico che mi sta squillando il cellulare, tanto mica sentono, e faccio finta di rispondere e poi dico devo correre c’è un emergenza che nemmeno se ero i pompieri mi veniva in mente di dirlo. Comunque vogliono da anni il videocitofono ma mica glielo pago io che tanto va bene che vedi chi è ma come cazzo fai a sentire se ti suonano. Sei punto e a capo, dico io. Ora mi pare che ha detto dicembre. Forse vuole pagare  il citofono con la tredicesima ma senza sapere né leggere né scrivere faccio orecchie da mercante”.

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