martedì 11 marzo 2014

a Pino, Ro e White






--> A Pino, Ro e White. Se v’è capitato mai di avere per le mani qualche libro mio, ce n’è uno in particolare che inizia proprio così. Anche in casa editrice, all’epoca della pubblicazione, mi chiesero chi erano i personaggi a cui dedicavo le pagine mie. Chi lavora con me ha nozione della moltitudine di incredibili atleti dell’esistenza che mi circondano e a frequentarmi c’è da farsene una ragione per non impazzire ma quella volta, di fronte a quella dedica, anche l’animo del redattore incallito si scosse. E questi adesso chi sono, da che circo sono scappati. Senza sapere che stavo solo citando l’incipit di uno scritto per me fondamentale, pagine a cui devo sicuramente la vita. Ro è una ragazza di buona famiglia che vive una vita di agi e privilegi nell’Italia degli anni Sessanta. Ha la patente e una Fiat 1100, mica la sganghera utilitaria vallettiana che possono permettersi gli italiani mentre scorrono i titoli di coda del miracolo economico. A una festa conosce Pino, uno mica tutto in bolla che fa il militare, il sottotenente per la santa precisione, in una caserma da quelle parti, ci muoviamo in area salernitana. Ro è bella, sembra un’attrice di quei film lì dell’epoca e Pino sembra proprio uscito da una pellicola americana e gira con una Dauphine bianca, continuamente inseguito da padri e fratelli di ragazze della zona e sempre in bilico su quell’istinto cresciuto nella sua infanzia di strada e quei milioni di pagine divorati la notte, nell’angolo della casa troppo stretta per tutti e con un padre che di notte era in mare. Ro vive tra Roma e Salerno, Pino vive allora in una stanzetta di una caserma sperduta di un posto che non sospettava prima. E si incontrano ancora in piazza madonnina a Battipaglia, così la chiamano anche se non si chiama così e la famiglia di Ro non è mica contenta che quei due si frequentino. Lui la porta al mare sulla Dauphine bianca e il mare lui lo conosce e se la gioca tutta. Ma l’ostacolo della famiglia resta, c’è apprensione per quel personaggio di cui non si conosce nulla e di cui niente si riesce a scoprire. E lui lo dichiara che non ha nulla da presentare se non se stesso. Fuori dagli schemi, con in tasca una antologia di poeti beat che ancora conservo e con quell’auto che è anche la sua casa possibile. A un certo punto lo minacciano e gli dicono di sparire. La notte, nella sua stanza, Pino, che ha un vizio maledetto della scrittura, prende carta e penna e mette nero su bianco il suo piano di fuga per farlo avere a Ro. L’ incipit “Pino, Ro e White”. Pino e Ro sono mio padre e mia madre e senza quel foglietto scritto di notte in una camerata di caserma mentre tutti gli altri dormivano vinti dalla fatica e da quell’odore lì che hanno i posti dove s’ammassano corpi sudati e disperati, io non ci sarei adesso. Non ci sarebbe il vizio mio di scrivere e quello di averci una macchina che è anche casa e l’abitudine di non sentirti a casa mai e di riprendere di nuovo il passo e il trucco del mare e i libri e la follia. Ah già, se non l’avete capito White era la vecchia e gloriosa Dauphine, comprata spendendo tutto quello che aveva per correre in un’Italia che si muoveva pressata in anonime scatolette tutte uguali. Noi del tutt’uguale ce ne siamo sempre fottuti. La canzone d'apertura è Borgo antico e la ritroverete nelle pagine di Ragazzi di vita, il libro che m'ha raccontato Pino da ragazzino, che lui in quelle pagine con Rancio Peloso e Primo e il rimorchiatore ci sarebbe potuto entrate tutt'un pezzo. Quella canzone lì la cantavamo in macchina d'estate durante i lunghi viaggi estivi. E la canto ancora e la canta anche mio figlio. E ridiamo.

Oggi, soprattutto oggi la dovevo raccontare questa storia. Oggi ce la dobbiamo ricordare e ci dobbiamo ricordare di Pino, di Ro e di White.











 

lunedì 3 marzo 2014

Domenica è sempre domenica







Tema: come sono uscito miracolosamente vivo dal mio finesettimana. Svolgimento. il finesettimana arriva alla fine della settimana e già che si chiama fine qualcosa dovrebbe farti presagire che non devi abbassare la guardia nel nome del meritato riposo. il venerdì io lavoro ma già la sera devo scontare il fatto che stiamo bussando alle porte del finesettimana. questa volta Dani era andato nel pomeriggio in garage e aveva tirato giù tutt'intero il motore dal "comandante diavolo" che è, come è noto a questo pubblico attento, il motorino razza ciao che sto allestendo per il viaggio che mi vedrà attraversare la penisola tutta e anche vostra solrella se avanza tempo. Sta di fatto che c'era il pavimento del mio studio, dico così pomposamente ma trattasi di stanza sganghera piena di obsoleto cartaceo fino al soffitto e dischi e giacche e chitarre e stronzate accumulate in una vita vissuta nel culto delle stronzate. una sorta di vittoriale ma se possibile ancora più idiota e in un palazzone a due passi dai cancelli di Mirafiori, la madre di tutte le fabbriche. Stimolati dalla competizione con la catena di montaggio che freme a poche centinaia di metri ci siamo dannati a ricostruire sano sano il motore del ciao e con i pezzi avanzati, lo giuro e seguiranno foto, abbiamo assemblato un secondo motore di riserva che ha una cilindrata esagerata e dai nostri calcoli dovrebbe farci superare agevolmente l'apecar dello spazzino che è un po' la nostra pietra di paragone quando parliamo di velocità. Insomma abbiamo finito a notte fonda e ho capito che la casa era un disastro quando ho visto il cane, quello a macchie bianche, tutto nero come l'altro che è già nero e quindi non puoi valutare l'impatto ambientale di quando ti porti un'officina al quinto piano di un palazzo di periferia.
il sabato siamo andati da Zichella a fare colazione e poi in giro perchè erano già le undici e visto che dani aveva un concerto con l'orchestra alle sette di sera e alle tre aveva le prove Ste ha pensato bene di restare in giro, che a quel punto non aveva senso tornare a casa. Ste è turista estrema e non smette di andare e vedere. Dani in orchestra suona il violoncello, e io che sono uno previdente gli avevo detto di scegliere triangolo come Dino Campana ma lui ha preso dalla mamma e se decide una cosa non lo smuovi. Ci siamo dunque camallata un violoncello per diverse ore nel nome del santo vagare. Una volta portato Dani alle prove abbiamo vagato ancora per librerie e botteghe del centro sotto una maledetta pioggia che pare bagnare solo me visto che Ste cammina con bella disinvoltura mentre io arranco come l'ultima riga di "centomila gavette di ghiaccio". La sera orchestra con repertorio allegrotto e carnascialesco. Quamdo vedo Dani suonare in un orchestra un repertorio classico mi commuovo e penso che nessuno lo sa che male deve fargli alle dita suonare dopo aver smontato un Ciao ma lui pare felice di questa vita che è l'unica che abbiamo. Durante il concerto, che è una cosa seria e lo capisci perchè dani è vestito con la camicia e il pantalone nero e le scarpe nere eleganti che sembra uno che lavora per Tecnocasa, c'è stato anche l'intervento agghiacciante dei piccoli cantori che sono un coro che dice che sono prestigiosi ma a noi forse ci avevano mandato le riserve. L'orchestra invece è stata favolosa e il fatto che ci suona mio figlio non mi impedisce una visione distaccata e razionale. Bravi bravi bravi. La sera pizza coi ciccioli da Pulcinella e ancora ritocchi al Ciao in nottata con verniciatura al buio di pezzi in balcone. Questa cosa della verniciatura non è stata una bella idea perchè la puzza è entrata in casa e si soffocava. Ste ha dato la colpa a me ma a dire il vero anche il cane era in balcone ed è quindi complice.
La domenica dovevamo andare a Nizza ma non sto a spiegarvi cosa e come che poi dite che scrivo lungo ma non ci siamo più andati. Ovviamente colazione da Zichella, quindi siamo andati al carnevale di Ivrea e all'inizio come tutti gli anni abbiamo dichiarato che ci saremmo tenuti fuori dalla mischia ma a breve posterò video (devo decidermi a montarlo un minimo e a ridurlo di peso) in cui si vede che bella famigliola selvaggia siamo e stiamo sotto al carro a tirare arance e a riceverne il giusto. Ringrazio la signorina che si è presa un'arancia in pieno volto facendomi da scudo umano mentre filmavo da vicinissimo, unico a filmare sotto sotto perchè in me alberga lo spirito di Robert Capa e di Pappagone tutt'insieme. La signorina non la conosco ma immagino che anche sua mamma abbia difficolta a riconoscerla ora. Il carnevale di Ivrea è palestra blackbloc formidabile e sarebbero da gemellare con i valsusini che almeno una volta possono sorridere della loro forza disperata. A sera siamo arrivati a casa distrutti ma non ci siamo fatti mancare un piatto di paccheri col raù perchè domenica è sempre domenica.