mercoledì 4 febbraio 2015

Riti di passaggio






Riti di passaggio. Lei stava al mare, un mare del sud. La vado a trovare e restiamo tutto il giorno insieme. La sera mi riavvio verso la statale. Chiedo un passaggio. Sparo un passagio. Quello che vi pare. Sto lì e sono ancora troppo giovane per fare davvero paura. Ho imparato che dai quaranta in poi, quando spari il passaggio la gente o si schifa o si spaventa e alla fine quelli che si fermano sono sempre la feccia dell'umano genere. Per un fatto di affinità immagino. Quella sera sto al buio della statale per un'ora ma è così che va quando spari il passaggio ed è un po' come andare a pesca, devi lavorare sull'attesa come una possibilità per il pensiero e il respiro. Sparare il passaggio è rigenerante, specie se hai chiavato tutto il giorno chiuso in una cabina del mare con le assi di legno che scricchiolano e la sabbia che si infila ovunque. Stavo lì, intorpidito dalla temperatura della notte che avanzava. un paio di scarpe di tela, un bermuda militare con le tasche strappate e una maglietta di una squadra di qualche sport che non ho mai saputo ma che avevo recuperato dai banconi delle pezze americane pagandola un nulla. Non mangiavo dalla mattina. Stavo già valutando l'ipotesi di dormire a bordo strada e ripresentarmi la mattina in spiaggia. In realtà dovevo tornare indietro, perchè la mattina lavoravo con quelli dei traslochi. Mi facevo tre giorni di carico scarico e bestemmie, raccattavo i soldi e poi tornavo al mare. La prima volta che ero andato a lavorare con quelli dei traslochi gli altri abituali mi guardavano male, mi davano le cose pesanti, cercavano di sbilanciarmi quando si portava le cose in due. Poi alla pausa pranzo io m'ero messo da parte e facevo finta di niente e all'epoca non c'era nemmeno un cellulare su cui fingere di leggere i messaggi e quindi fingevo di appisolarmi. Ma loro oltre che padri di famiglia erano gente che quella storia lì la sapevano bene e a un certo punto uno si è alzato e m'ha passato la metà di un panino enorme. Ho provato a dire che non avevo fame e sono scoppiati tutti a ridere e da lì è cambiata la storia. Però ho imparato che i soldi me li potevo spendere tutti tranne quelli del panino e le altre giornate arrivavo con il mio e loro sorridevano a vedermi. La birra era calde e la dava il boss e era quella nelle bottiglie grosse. Insomma la mattina dopo c'era da svuotare una casa. Legalmente intendo. Quindi non avevo voglia di dormire in spiaggia o a bordo strada ma pareva proprio che nessuno avesse in animo di farmi fare quei settanta chilometri fino al letto mio. Avevo perso quasi le speranze e stavo ormai seduto e quasi non facevo più cenni ai fari che spuntavano dalla curva. E' importante, quando spari il passaggio, posizionarti strategicamente all'inizio di un punto buono per la frenata e l'ammaraggio del mezzo a bordo strada. Aiuta. A un certo punto vedo arrancare un mezzo con un faro solo. Ansimava con fatica sull'accenno di salita di quella strada. S'è fermato. Era un autocarro di quelli con il cassone scoperto e la doppia cabina per portare gli operai in numero di cinque a libretto ma anche dieci alla bisogna. C'erano tre muratori, erano schizzati di calcina, seduti davanti. Mi chiedono dove vado e loro vanno proprio da quella parte. Poi ridono e mi dicono "però ti devi adattare". Ho viaggiato tenendo un cesso in braccio. Era un cazzo di camioncino carico di tazze di cesso. Ci hanno tenuto a rassicurarmi che le tazze non erano ancora state mai usate. La mattina, prima di arrivare alla piazza dove il boss ci caricava, sono passato a farmi fare il panino alla salumeria, che quei soldi me li ero conservati a casa per non spenderli.