mercoledì 10 ottobre 2018

l'ultimo treno






Sono su Italo, direzione Torino. Quella sensazione d'essere Garabombo che si impossessa di me nelle giornate romane gradualmente svanisce e già a Settebagni riprendo nozione dei miei contorni, per quanto imprecisi all'origine. Viaggio in prima grazie alle offerte e aspetto con ansia le ragazze di "qualcosa da bere? Da mangiare dolce o salato?". A pranzo ero felice per aver trovato una data a Venezia, ora mi hanno comunicato che s'erano sbagliati. Vabbè, sarà per la prossima e quando dico cosí guardo a questo vetro appannato che da decenni chiamo pomposamente futuro. Che cazzo di fatica e chilometri e misurarsi con l'estinzione dell'umano necessario Ho cambiato case e lavori e letti e passi e a sentirmi addosso i loro "beato te" ho cercato di vendere in saldo la bella immagine d'arte e passione che tanto piace in cambio di una cena per me e i miei. Mi capita di incontrare gente che dice che mi legge e ride tantissimo e tutte le volte sorrido e quello che sta dentro ficcato tra l'aorta e l'intenzione ringhia "Ridi in faccia a questo e paga un giro".
Davanti a me c'è una carina, sui quaranta Le scappa la vita dalle mani e conosco amici che campano di carne frodata a quell'urgenza che prende le femmine e i maschi nella stagione di mezzo. Come farsi chiamare chef quando distribuiscono l'ultima zuppa ai condannati a morte.
L'agro romano sfila dal finestrino in un tramonto che non fotograferò perché l'egoismo può essere una possibilità che mi mette in pari con le risate.