Vanni nella Udine degli anni Sessanta e Settanta si muove
come padrone delle strade e della follia del suo branco. Vanni quei giorni in
bilico su un terremoto che spazzerà via tutto, portando con la ricostruzione
una ricchezza che nessuno sapeva spendere, li vive con una macchina fotografica
in mano e le vene che giocano spade mentre tutti chiamano denari. Vanni
comincia da ragazzo con quelli del borgo suo, che la città è divisa in piccoli
microcosmi avvitati sul tempo battuto dai bicchieri sul bancone. Coi primi
soldi da aiutante fotografo si compra una Gilera 125, in una stagione in cui gli altri a stento potevano
permettersi le scarpe, e per tre giorni fa il giro dell’isolato, giorno e
notte, sempre in prima, che lui la moto non la sa guidare. Il terzo giorno il
motore sbrodola e si fonde e la moto finisce chissà dove. Restano le rate ma
Vanni ha già un’altra idea delle sue, insieme all’altro compare suo che
chiameremo Gorilla perché ora, col cervello frullato dai trattamenti
obbligatori, ancora se la gira per le strade ma il suo nome vero l’ha
inchiodato alla porta della memoria da un pezzo. Comprano un registratore marca
Gelosino e vanno in chiesa, a un tiro di sputo da casa loro, e si confessano
col registratore acceso. Raccontano di efferatissimi delitti, riti satanici e
orgiastici, cannibalismo parentale e canone della televisione mai pagato. La
sera poi tutti insieme riascoltano le registrazioni e lo sgomento dei
fraticelli e ridono con quelle fottute bocche spalancate e le facce come in un
quadro di Ensor. Il lunedi vanno al cineforum che c’è il film horror e portano
catene e campanacci e mantelli neri e urlano e si alzano in piedi quando la
tensione della pellicola è allo spasmo e ballano e la voce si sparge e la gente
va a vedere loro invece del film. Gorilla si infila i pomeriggi in un’edicola
votiva ricavata in un muro del centro e quando passa la gente coi vestiti buoni
allunga un braccio con la mano tesa, facendolo uscire all’improvviso dal muro,
e fa un grido da belva morente. La chiama “richiesta cibo”. Vanni fotografa le
facce inorridite. E ridono. Vanni intanto comincia a lavorare per i giornali
importanti e fa il fotografo di cronaca. L’estate vanno in piazza e Gorilla si
tuffa in mutande nella fontana. Il giorno dopo la foto pubblicata recita
“ondata di caldo in città. I turisti cercano refrigerio”. Poi c’è la serie di
“giovani eleganti in centro” e il protagonista è sempre Gorilla e il giornale
non è mai stato consapevole che il soggetto di mille racconti fotografici era
sempre lo stesso. Intanto Vanni insiste a farsi pulsare la roba nelle vene e
all’inizio è una delle tante cose, poi rischia di diventare la cosa e basta.
Continua a fare foto e a dipingere e vende le sue opere alla gente per strada,
nei bar, agli amici. Ha una fottuta mano magica quando scatta e anche l’occhio
non lo perde nemmeno quando i pensieri si ingolfano nei giorni di magra. Vanni
rinasce mille volte. Trova una miliardaria vecchia e parecchio miliardaria, che
lo ripeto così si capisce che è roba consistente, che si innammora di quel suo
modo da principe della strada, lui che sta tra gli altri fattoni con un loden e
gli occhialetti tondi. Se lo porta via in Svizzera e lo mette a capo di un
hotel di lusso. Torna ogni tanto coi vestiti buoni e le valigie firmate e
ridiamo e mentre cammina e mi racconta si spara un intera boccia di sciroppo
per la tosse a canna, mi guarda e dice, a me mica a uno incontrato sul treno,
di essere un po’ raffreddato. Non mi ricordo nemmeno se ho reagito in qualche
modo. Poi i suoi ritorni dall’estero si fanno sempre più strampalati. Arriva
ancora con i vestiti di pregio ma se li vende tra gli amici. La vecchia pare
sia morta o comunque l’ha messo alla porta. Lo diamo per spacciato, che nel
caso suo è una definizione parecchio sfaccettata. Poi un giorno a quello che
gli è più amico, un altro che ora è sparito nel nulla inseguito dai debiti e
per fortuna noi nel nulla ci muoviamo bene e un bicchiere insieme ogni tanto ce
lo permettiamo, arriva una cartolna. Vanni ha vinto una cifra pazzesca al
casinò di una città europea che non ricordo. Manda regali assurdi. Torna e davvero gli gira bene. Poi lo
beccano in Francia con una valigia di rischio e si fa qualche anno dentro. E
non è finita. Lo aspettano anche da noi per presentargli un conto di condanne
sparse mica da ridere. Noi lo sapevamo che avevano stritolato lui che era solo
il fattorino mentre gli altri continuavano a camminarsela per strada con la
faccia pulita e il locale avviato ma quella è la storia sua di sempre. Un
giorno lo vediamo arrivare e nessuno ci crede che sia venuto a farsi prendere e
gli diciamo levati dal cazzo subito. Non ci potrebbe proprio stare lì al bar,
per strada, al cinema. Non è la cosa più salutare per lui ma in quel momento
scopriamo che quello è il problema minore. Ha una bestia nei polmoni che se lo
sta mangiando e vuole tornare qui a morire. Quello che succede nei mesi
successivi non me lo ricordo. Non chiedetemi dove vive, chi lo aiuta, chi lo
cura. Non ho nessuna notizia in merito, non sono persona informata sui fatti,
come avrebbe detto lui ridendo sul gioco di parole. O forse non ricordo ma non
è importante. Può essere che se ne sia stato in campagna a casa di qualcuno,
può essere che scorazzasse tra una chemio e l’altra con un motorino trovato
chissà dove per le strade, può essere che qualche medico non gli abbia mai
chiesto la tessera sanitaria, può essere che qualcuno si sia venduto la tuta da
motociclista per pagare certe spese. Vai a sapere. Tutto può essere. Una
mattina sento uno strepitio di freni e è lui che a bordo del motorino mi grida
“ti ho trovato una vecchia Harley militare in un granaio abbandonata ma non mi
ricordo dov’è”. Un motivo per volergli bene ficcato a cuneo tra i mille
vaffanculo di cui l’abbiamo caricato. Poi un giorno se lo sono bevuto. L’hanno
fermato che era piuttosto fuori forma per via di quella sfiga che gli aveva
cambiato il segno da sagittario in cancro e l’hanno messo in gabbia. Nel giro
di tre giorni, era un finesettimana, è morto. Può essere.
Fatti e persone descritti in questa storia sono frutto di
invenzione e non esistono nella vita reale. Soprattutto i fatti.
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RispondiEliminaMi cancella anche i commenti ... Roba da pazzi!
EliminaE devo anche dimostrargli di non essere un robot!!! Ma dove siamo arrivati?
Eliminaora lo faccio per tigna!
RispondiEliminail tuo blog mi rifiuta, è antipatico.
e poi lo vedo che cancelli i commenti del senia!
non ho capito come ho fatto a cancellarlo. ma è la cosa giusta da fare.
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