venerdì 3 maggio 2013

Impronta digitale




Ieri sera con Ste e Dani a vedere Mark Knopfler. Non mi aspettavo un concerto così intenso. Un mucchio di musicisti bravissimi e lui che cambia chitarre a ogni brano e ti sembra di stare nel guitar shop dei sogni con un tester mica da ridere. Ha suonato anche una Danelectro. A un certo punto però, ho smesso di guardare il palco e ho cominciato a scrutare il palazzetto pieno come quando lavoravo ai concerti. C'erano migliaia di telefonini che riprendevano. Tutti a girare il video del concerto. Tutti a guardare con la mediazione dello schermo, un filtro tra la realtà e la retina che ti restituisce immagini abbacinate dai colpi di luci e soffocate dal buio, cosa che gli occhi sanno gestire con bella classe e selezione. Certo, stavo registrando anche io, in nome della santa signora dei bootleg che mi ha fatto comprare vinili clandestini a centinaia da ragazzo, ma il video, e fatto così, davvero non me lo spiego tecnicamente ma di certo riesco a intuirne la valenza antropologica. Il senso di un concerto è la testimonianza sonora, i musicisti li puoi fotografare e metterli nel tuo catalogo personale degli eventi ma filmarli non ha spesso molto senso se non hai i mezzi giusti. Nel caso del concerto di ieri sera sul palco stavano tutti piuttosto composti e Mark vigliacco se abbia fatto un sorriso e c'era da sentire e da guardargli le mani e le chitarre e i sorrisi tra loro, tutto quello che fa la differenza con il disco. Allora mi sono chiesto quanti riascolteranno il concerto così testimoniato. Pochi, nessuno forse. quelle immagini servono alla maledetta costruzione di questa socialità digitale millantata a mille da quelli che vi vendono i computer e i telefonini. Andrete alla macchinetta del caffè e esibirete pochi secondi, portati con fiera qualità audio dallo speaker del vostro citofonino, e rubo l'invenzione a Gianpiero, e cercherete i titoli con Shazam. Soprattutto sarete membri accreditati della comunità tecnologica che ribolle nel palazzetto mentre le note di quella chitarra riempiono l'aria. Tutti col telefonino in mano, come le foto della Cina durante la rivoluzione culturale e i libretti rossi tesi verso il cielo. E vicino a me c'erano due che registravano schegge e le mettevano nei socialnetwork. Due ventenni ancora in passo di brufoli. Che il gran demonio della rete vi consenta di trombare grazie a questa vostra bella disponibilità al social e alla community e non importa se quello sul palco quando suona sente le corde di metallo che si ficcano nella carne dei polpastrelli. A voi non importa.




Nessun commento:

Posta un commento