giovedì 30 maggio 2013

a filo di memoria








Non ho mai pensato al coltello come a un’arma, piuttosto a una possibilità ennesima, come se dove finissero le mie dita dovesse in qualche modo cominciare una lama. Sono cresciuto camminando per i boschi con mio padre e il coltello era una cosa che serviva e serviva sempre e a saperlo usare davvero ti restavano comunque un mucchio di cose da scoprire ancora. Mio padre usava un vecchio multiuso brunito e segnato anche dagli usi impropri a cui era stato destinato nel tempo quando, al culmine della fiducia e succede sempre, si assegna al proprio coltello compiti impossibili. Quella volta che abbiamo trovato un mare di porcini dalle parti di Castelmonte siamo rimasti senza fiato a guardare tutte quelle gobbe scamosciate a fior d’erba. Poi mio padre s’è frugato in tasca e io con lui, che potevo per la prima volta giocare quel gioco grazie a mio nonno che mi aveva messo in tasca un giorno di quella estate una di quelle lame nere che usava per sarcire le reti e pulire il pesce. I porcini erano magnifici e se lo sai com’è il sapore di quei funghi appena raccolti ora capisci la nostra follia. In macchina non mancava e non manca mai un pugno di sale. Ma dove li potevamo cucinare. Mio padre ha preso le catene da neve e mi ha detto di fare un po’ di legna. Abbiamo acceso un fuoco, a casa mia impari a fare un fuoco che ancora non sai camminare sulle tue gambe, e sulla brace rossa mio padre ha buttato le catene da neve, quelle di una volta mica la roba di plastica e alluminio di ora, e una volta roventi ci abbiamo appoggiato le cappelle dei porcini con una punta di sale. Giuraci che per posata avevamo solo i nostri coltelli. Quel sapore lì… mangiare e morire si dice nei miei boschi e te lo traduco per gentilezza.
Il coltello che mi aveva regalato mio nonno l’ho perso un giorno che frugavo gli scogli alla ricerca di polpi. Ero ancora un bambino. In macchina quando me ne sono reso conto volevo morire. Non si deve perdere mai il coltello. Manico di bachelite e lama di ferro che toccava sembre ungerlo con l'olio di oliva per non fargli sudare ruggine. Il primo di una serie. Ogni volta tornavo da nonno e lui già lo sapeva e sorrideva e mi ricordava che non si deve mai perdere la lama che ci accompagna. Poi uno dei suoi ultimi giorni, mentre il destino gli portava il conto al tavolo di una lunga agonia nel letto dopo un tremendo volo dal molo giù negli scogli, uno normale moriva sul colpo e lui e i suoi ottanta passati ci hanno messo un anno, mi guarda con la testa affondata nel cuscino e quella pelle che era cuoio duro e chiama nonna. Dice di cercare nelle giacche. Si fa dare quella lama e me la vuole passare lui, lama di Maniago e manico di corno, mi dice che a saperlo affilare è un rasoio e mi dice anche di non perderlo che questo è l’ultimo che mi può regalare. La mano sua di nodi di pelle e mare e maledetta fatica mentre mi lascia scivolare quel piccolo serramanico tra le dita quasi ancora bambine me la ricordo e ricordo il suo respiro che pompava senza sapersi rassegnare. E non l’ho perso quel coltello. Sta lì sul comodino, i libri passano e gli occhiali e la bottiglia dell’acqua, anche i cani sono cambiati. Il coltello sta sempre dove dormo io, dove faccio l’amore e nonno quella passione lì della carne ce l’aveva parecchio e me la ritrovo addosso come una meravigliosa maledizione sottile. Sottile come il filo della lama, che siamo razza che vive in bilico.
Non ho mai pensato di proibire a mio figlio le cose pericolose. Ho piuttosto speso parecchio tempo a insegnargli come usarle. Quindi è una storia che va avanti. Però non regalatemi mai un coltello perché non siete mio nonno e pretenderò sempre di pagare. E non chiedetemi mai la marca del mio coltello preferito. Come per le stilografiche la mattina guardo fuori il cielo e decido cosa mi accompagnerà nella giornata. Tagliare il pane, fare fette sottili di formaggio e spiccare frutta dagli alberi, riparare e smontare e aprire. La lama è da sempre per me la possibilità di condividere e l’unico sangue che passa sulle mie lame è segno di fratellanza robusta che io non ho mai pensato al coltello come a un’arma, piuttosto a una possibilità ennesima, come se dove finissero le mie dita dovesse in qualche modo cominciare una lama. Avessi anche un profilo affilato sarei perfettissimo.

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