mercoledì 11 gennaio 2012

bocca di rosa e mani di fata





Bocca di rosa non si concede per noia, né meno che meno per professione, lei fa l’amore per piacere. Per il suo piacere a essere precisi. Scatenando furibonde reazioni e impennate d’entusiasmo e celebrazione profana nel paesino di San Vicario, che nella seconda versione del disco, quella registrata in stereofonia e proposta al pubblico a pochi mesi dalla prima, diventa Sant’Ilario, offrendo appigli di realtà trattandosi di un paese ligure realmente esistente. Sant’Ilario è metafora dell’Italia intera, che in quegli anni s’interroga sul senso della morale, in bilico tra nuovi comportamenti e tradizione. Di questo confronto culturale e sociale si trova traccia in tutti i periodici di quegli anni, anche in quelli che a tutta prima parrebbero meno interessati a certe dispute, perché vocati a temi specializzati. Per lo storico trovare tracce significative su determinati ambiti di ricerca in territori scarsamente sensibili a quella trattazione significa che il dibattito su quel tema è così sentito da far tracimare i livelli di discussione fuori dagli ambiti tradizionalmente dedicati. Prendiamo ad esempio Quattroruote, una notissima rivista italiana specializzata che si rivolge a un pubblico appassionato di tutto quello che riguarda il mondo dei motori. Nel numero di aprile 1970 un lettore scrive al periodico.

La risposta che Quattroruote ha dato a (…) (Quattroruote di gennaio, pag. 12) mi ha irritato perché era di un’assoluta ambiguità in quanto voleva ironizzare sugli appunti mossi da quei signori a proposito di vostre certe copertine e pagine pubblicitarie, secondo loro indecenti o comunque inadatte ad essere guardate da giovani sotto i vent’anni (…).
Date addosso a certa cinematografia erotica, e poi esaltate l’amore come il più bel fatto naturale: ma amore ed erotismo secondo me sono la stessa cosa. (…)
Pubblicate quello che volete, ma non fate la predica agli altri (…).

Risponde la redazione.

Abbiamo l’impressione che lei confonda amore e moralità con l’immoralismo sessuale, cioè con un pericolo che sta dissolvendo ogni ordine. Lei sembra ignorare che l’amore deve venir difeso dal pudore, dalla dignità che il pudore conferisce a tale sentimento (o a tale istinto): senza dignità l’amore muore, non è più amore ma matta bestialità.
Noi non vogliamo fare la morale a nessuno, e se anche lo volessimo, sarebbe impresa disperata, perché abbiamo l’impressione che la vera rivoluzione che sta scuotendo (o sovvertendo) il mondo (come preferisce) sia proprio una rivoluzione sessuale, per cui sembra di vivere non più in democrazia, ma in pornocrazia (…).

Il dibattito sulla morale s’impiglia in intricati sofismi. Il lettore chiede solo che si pubblichino pure le foto di donne poco vestite accanto alle ultime auto uscite sul mercato, ma evitando di spiegare che le finalità della rivista sono alte, ben lontane da certe operazioni di basso mercato, per le quali la redazione punta il suo indice censorio. La rivista risponde con una complessa digressione sul senso della morale che quasi fa apparire il povero lettore l’unico immorale. Nelle parole della risposta pare di leggere i discorsi dei politici al governo in quegli anni e soprattutto, alla luce delle acquisite conoscenze sul linguaggio dell’immagine, oggi sappiamo che la scelta delle donne vestite di niente da accostare alle automobili non è affatto casuale.

Questa consapevolezza di sé e del proprio corpo, che traspare dall’ incedere di Bocca di rosa nella piazza di una provincia archetipa italiana, è l’annuncio della rivoluzione che investe anche i costumi sessuali in quegli anni e che troverà il suo apice deflagrante nei giorni della vicina contestazione. Eppure a distanza di anni, declinata al presente, Bocca di rosa mostra tutta la difficoltà che la società italiana ha dovuto fare per cercare di metabolizzarla. Senza riuscirci. Se si digita su un motore di ricerca “operazione bocca di rosa” si scopre che in questi nostri anni recenti molte operazioni di polizia, segnalando l’adesione a un disinvolto e condiviso copyleft da parte degli art directors delle forze dell’ordine, sono state chiamate così. Tutte volte a sgominare giri di prostituzione. E mentre la sua eroina erotica è stata per comodità relegata, nell’immaginario condiviso, al ruolo di meretrice, giusto per non doversi prendere il carico di riflettere, De Andrè avrebbe potuto ridere dei luoghi in cui si sono svolte le indagini, dalla lombarda Cornate alla siciliana Ficarazzi, quest’ultima con tanto di video on line a raccontare il successo delle forze dell’ordine. Già Cornate e Ficarazzi, andate su Google se non ci credete, sono lo scenario formidabile in cui arrivano, a decenni dall'invenzione di Bocca di rosa, gli alfieri della morale comune. Quando si dice un Destino ridicolo.








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