domenica 22 novembre 2015

siamo a Cavallo





e ieri sera alla Cavallerizza occupata c'erano Gianpiero Alloisio e Federico. e ieri sera c'era il privilegio di leggere tutte insieme pagine preziose del libro del mondo e dello spartito migliore di questa nostra contemporaneità a fiato corto. c'era la Cavallerizza occupata che è una sorta di presidio, dice che è una fortezza bastiani a guardia dei contenuti, una linea di trincea contro il marcio che avanza contrapponendo petti giovani alla retorica becera e clientelare. dice. ma c'era soprattutto Gianpiero Alloisio che a vederlo su un palco oltre che un pregio è una rarità e Sirianni se l'è portato a Torino, ce l'ha portato a Torino in nome di palchi condivisi a mille in questi decenni. una vita giocata a spartire che si sintetizzava tutta sul palco ieri sera, portandosi addosso il racconto di passioni e maledizioni al cielo spese. Da Bindi a Giuccini a Gaber a Jannacci e a Sirianni ancora, tutta la migliore canzone che ci siamo potuti permettere è passata dalle corde e dalla penna di Alloisio. E quella Venezia cantata da Guccini è la sua, con Stefania che muore dando alla luce un figlio e io quando è nato Dani sul comodino a Ste ho fatto trovare una rosa e una copia di Novella duemila per fare il simpatico e lei ancora storidta dal cesareo ha sillabato netto un vaffanculo che m'ha fatto intuire che lei non sarebbe crepata affatto anche se a Venezia ci avevamo lavorato per anni. giuro che è successo e ieri l'ho raccontato proprio ad Alloisio e Ste mi guardava come quel pomeriggio in ospedale e rideva. ieri il concerto speravo fosse nel teatro vero e non in quella sorta di ristoro defilato ma lì son tutti volontari e decenni di case occupate e centri sociali e controinformazione e autoproduzioni non saranno passati invano nella mia vita e figurati se non capisco. ieri speravo di fare la fila e di dover restare in piedi in fondo alla sala e invece c'erano quelli che s'erano raggiunti uno con l'altro con i telefoni e poco più e erano quasi solo quelli soliti delle serate nostre. arrivati come capita ma lì è tutto un fatto di volontari e mica me lo devi spiegare a me. entro e dopo decine di serate sospetto il disagio al primo sguardo di Federico ma lo conosco e lo so che può andare avanti lo stesso. E poi gente che faceva l'apericena, ma ci sta che li son tutti a combattere per la causa e sono volontari e mica me lo devi spiegare a me. ieri le aste dei microfoni perdevano consistenza e s'ammosciavano davanti all'urgenza della canzone. Un problema tecnico, un altro, un altro ancora, ma lì è un fatto di esserci e resistere resistere resistere e allora mica me lo spieghi a me. E ieri le luci non andavano e il tecnico gli dava le botte a schiaffo per farle andare come faceva mio nonno con la televisione ma mica poi funzionava. e nemmeno le luci ma erano luci volontarie e mica devi dirlo a me. Ieri alla fine in qualche modo si solo riusciti ad accroccare due cavi e un mixer e sono partiti quelli sul palco. Sirianni e Alloisio, che sono vecchi ferri che hanno suonato in ogni posto impossibile dell'universo e mica devi spiegarlgielo a loro. Ieri mentre sul palco i due ci regalavano una delle più belle serate della mia vita, la gente, quasi tutta la gente, continuava l'apericeva e gridavano e parlavano. Accanto a me avevo due tizie e uno forse americano che parlavano cercando di superare con la frequenza delle loro parole il disturbo della musica che arrivava dal palco. Intanto il fonico, ne ho visti di fonici meravigliosi in questa mia vita e sono prima di tutto maestri della pratica del rispetto, direttamente dal palco e durante le canzoni si faceva i cazzi suoi e parlava con gli amici che arrivavano, o lo faceva proprio restando lì accanto a Gianpiero che cantava. Ma lì son tutti volontari e mica me lo devi spiegare. Ieri dietro di me una parlava al cellulare gridando e sto parlando di una stanza stitica dove sul palco c'erano due che non fossero stati quello che sono meritavano comunque rispetto perchè quando cerchi le parole e le note fai una fatica boia se ci sono tre che starnazzano in americano in seconda fila e una subito dietro che spiega come scaldare i cannelloni nel microonde urlando nel telefono. Ieri non c'era pratica del rispetto dicevamo, non c'era attenzione per quei contenuti che pure lì dice che si difendono con le unghie e con i denti e il problema è eminentemente di comunicazione. E allora io che sono cresciuto in strada alla terza volta che imploravo questi accanto a me di parlare piano mi sono incazzato e gli ho detto di levarsi dal cazzo, di andarsene che tanto di stare lì non gliene fregava un cazzo e c’era tutta una città da scorrazzarci e gridare in americano e in finnico e in bosniaco. Poi dice perché nelle scuole americane ogni tre per due entra uno e spara sulle genti. Questi assassini seriali sono come la pula, quando servono non ci sono mai. Ma il problema sospetto non fossero questi qui del pubblico che vanno nei posti per poter mettere la foto e condividerla e raccattare i like, quelli che si mettono in posa col sorriso sgargio e poi ripiombano in quel retrogusto di apericena che regna sulla loro esistenza e non li lascia mai. Il problema forse è la comunicazione, la prevalenza delle ragioni. Se tu organizzi un concerto e lo fai ficcato in un angolo della sala dove dai da mangiare e mentre quello arpeggia tu decidi di buttare tutti i vetri e le bottiglie nel cassonetto della differenziata lì in quella stanza e poi passi con la scala di legno tra le tre file di sedie e la gente attonita, mentre lo fai autorizzi il tuo pubblico a pisciare sulle parole, a trattare le canzoni come ennesimo piattino distratto del fottuto apericena ma tanto lì son tutti volontari e mica devi spiegarlo a me. La notte, dopo la cena in una piola risoratrice tornavamo io Ste e Sirianni verso le nostre case sghembe. E in via Roma c’era quella che aveva parlato tutta la sera, quella a cui avevo gridato vattene, che fotografava l’amico con un violino in mano. Lo fotografava in strada all’una. Con il cellulare. Fingevano di suonare per strada e cercavano altri like che a quell’ora nessun musicista davvero prova a tirar fuori lo strumento. Ci metteva l’impegno vero lei a fotografarlo, lo stesso che ci aveva messo a non ascoltare la musica quando c’era sul serio e allora quelli che stanno a guardia della cultura e dei contenuti una domanda se la devono fare ma lo so che sono tutti volontari e mica devi spiegarlo a me. no, forse devi proprio spiegarlo a me perchè io i volontari li conosco e mi ricordo che esserlo stati per loro non è stato un motivo per sudare di meno, per soffrire di meno, per morire di meno.




Nessun commento:

Posta un commento