lunedì 29 agosto 2011

l'oracolo di delfino


Al largo della spiaggia di Grado c'è una sorta di monumento pelagico, che può essere spiegato solo come l'ennesimo tentativo da parte dei gradesi di assecondare l'estetica delle genti germaniche che d'estate riempiono gli alberghi, i ristoranti le spiagge e i portafogli, proponendosi come fonte di reddito significativa per lgli abitanti della laguna. Non c'è arte, non c'è ragione, non c'è suggestione e non ci sono i delfini a largo di Grado. Altro sarebbe stato fare due sardelle di ferro battuto, che saltano dal flutto alla padella ma i delfini son cosa rara da quelle parti. Se però guardate come si propongono le pizzerie per tedeschi e i negozi in genere, già vi fate una ragione di quell'apparecchiatura in cresta d'onda. In ogni caso i delfini fronteggiano la spiaggia libera, quel bordo di muraglione senza legge dove si raduna una scomposta umanità e quindi sono stati intesi come una punizione per chi non porta reddito o forse come una proposta democratica che suona come "non avete nulla ma potete godervi la vista di 'sti popò di delfini in metallo verniciato". Manco a dirlo che io Ste e Orso siamo bagnanti di quella sponda povera e, in questi giorni che il caldo ci squagliava anche nel nostro bosco, di primo pomeriggio calavamo sulla laguna e restavamo in acqua fino a sera. Un giorno, era già quasi il tramonto, guardo verso la rutilante proposta metallica dei delfini che non smette di ricordarmi il luna park di Coney Island nelle ultime scene de "I guerrieri della notte" e vedo un ragazzo sedutto sul delfino, memoria cinematografica e anche strascico di arte antica che mi si rinfaccia come il panino colla mortadella che avevo appena finito di ingurgitare per combattere il caldo da pari a pari. Accanto al ragazzo c'è un volatile ma a quella distanza non si capisce bene."Restate qui" dico agli altri e a bracciate rilassate mi avvicino per capire. A un centinaio di metri dal monumento mi metto a nuotare lento a rana per non disturbare la scena. Il ragazzo siede vicino a un grosso cormorano che non è per nulla infastidito e gli becchetta la spalla. Altri si avvicinano ma restano a debita distanza. Io arrivo ai delfini e il ragazzo mi sorride "Viene sempre qui al tramonto. Gli piace giocare in acqua" Si tuffa e il cormorano lo segue. salgo sul delfino. Pensavo che fosse un uccello allevato dal ragazzo e invece mi spiega che son solo tre gorni che succede. Se nuoti sotto un delfino di ferro alla cui cima sta appollaiato un cormorano, una perfetta macchina da guerra marina con un lungo becco a rostro e con il corpo che per aereodinamicità e ergonomia diventa in un lampo un vibrante arpione, a un certo punto pensi "ora salta e mi si pianta nell'occhio" nel mio caso pensi "... nell'occhio buono" e vieni travolto da tutte le immagini sedimentate in mille film di conigli, pesci e api assassine. Poi sali sul delfino e ti tuffi e risali e capisci che è magia, è privilegio. Lo tocchi, ti becca, non ha paura. A un certo punto un deltaplano a motore lo distrae e non si cura di te che gli gratti le zampe palmate munite di grossi artigli.Il giorno dopo siamo tornati e del cormorano nemmeno l'ombra. Comincio a sospettare sia stata una balla del ragazzo e invece al tramonto arriva. Dani si è portato le pinne, le mie pinne numero quarantacinue per la santa precisione, e fila in acqua come un piccolo impavido rimorchiatore. Si è rifiutato di mettersi il giubbotto salvagente della canoa. Ci vuole arrivare con le sue forze. E anche a lui il cormorano regala una mezz'ora indimenticabile. Quando torniamo a riva a quelli che ci chiedono non abbiamo niente da raccontare. Capita alle volte che lo stupore ti rubi tutte le parole.



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