martedì 16 aprile 2019

Ho un progetto





Scrivere un progetto non è lavorare, nel senso che è una sorta di preliminare, un rito iniziatico prima di essere ammesso alla fatica. Tutta la vita a proporre progetti, a farmi finanziare progetti, a progettare progetti progettabili. Chiuso in casa lavoro da tutta la mattina a un progetto. Spesso sono concordati questi progetti, ci si dice stendiamo un progetto, che è un po' come fare il bucato delle idee. A volte però il maledetto progetto è una cosa d'azzardo, che ti viene in mente la notte e pensi che è un'idea imperdibile e irrinunciabile. Non dormi più, perchè tra i progettanti c'è la credenza che se chiudi gli occhi e ti riaddormenti dimentichi tutto quel bel fortino concettuale che ti eri costruito nella notte e che ti convinceva, lo sa dio quanto ti convinceva. Quando fai progetti così, senza un concreto committente, ti senti un po' perduto nel mar del niente e devi averci una fiducia smisurata nelle tue possibilità e alcune bollette in scadenza. Sta di fatto che questo progetto di oggi è davvero bello, mi convince già dal titolo. Però non vengo meno ai miei obblighi di squadra e a metà mattina sono sceso al supermercato e ho comprato quello che serve per allestire un pranzetto a Dani che torna da scuola. Dovevo essere travolto da questa idea del progetto, una sorta di cantiere della Sagrada Familia sempre attivo, che prendeva quota e impalcature nella mia anima da geometra improbabile. Ho fattola spesa immaginando sei pietanze diverse da cucinare e prendendo a casaccio gli ingredienti di alcune. Arrivato a casa ho realizzato che avevo ingombrato il tavolo di cose spesso fresche e deperibili e che tra due giorni partiamo tutti e vai a capire quando torniamo. A quel punto mi sono rimboccato le maniche e son partito sparato con le pentole e ho deciso di fare una lasagna incredibile con il ragù di salsiccia e la provola e poi hamburger con bacon e toma e di contorno cuori di carciofi saltati con la 'nduja. Ste è a Pesaro, almeno credo di aver capito che sia lì a lavorare, e io ho sulle spalle l'onere di essere padre ma anche madre. Cucino con un sorriso fisso che è più un sospetto di paresi. Intanto guardo un film d'amore al computer messo lì sul tavolo della cucina e i cani predano le chilate di cibo che mi cadono in terra mentre procedo spedito verso il pranzo per il mio ragazzo che tornerà stanco dalla fatica scolastica. Ore ai fornelli, vapore che invade la casa, sugo anche nel cassetto della biancheria in camera da letto e non capisco come. Si avvicina il bot, l'una per i non nordestini. Squilla il telefono. Mio figlio mi sta annunciando il suo ritorno. Rispondo cercando di contenere l'entusiasmo per non rovinare la sorpresa di quel pranzo meraviglioso che lo attende. Sono andato a comprare anche le cassatine al forno siciliano. Ci sono andato in bici e quasi mi uccide un tram. La voce di mio figlio e calorosamente accogliente e confidenziale. Anni di addestramento fanno la loro parte. Sto in guardia. Sta per dirmi qualcosa che potrebbe non piacermi. "Giò, io resto a pranzo in centro con gli amici... è un problema?" "Figurati... Tutto bene..." "Tutto benissimo... tu?" "...Progetto... " "Ah, ok, dai ci sentiamo dopo così ti dico cosa faccio" 
"... 'getto..." "Cià, se vai al parco con i cani tranqui, ho le chiavi" "pranzo... progetto... vabbè... non importa... non sto piangendo". Resto seduto sulla sedia della cucina e dentro una voce intona prepotente un inspiegabile "sono una donna non sono una santa...". Stasera chiamerà Ste e mi chiederà come sempre "Che hai fatto?" "Niente, niente, un progetto". Ah già, a pensarci il progetto era una cazzata tremenda. Lascio tutto nel forno per stasera e vado in strada. Mi prenderò un gelato e camminerò facendo come se fosse normale.


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