Guarda tu alle volte. Stai lì a mangiare la pizza, in
quel posto modesto di mezzi e di sapori ma che sta sotto casa e ormai ti
conoscono e basta un cenno. Senza parlare dello sconto che conclama il tuo
essere recidivo in quel succedaneo di vita che ti porti addosso e che chiude
troppo spesso i giochi della giornata appoggiato a quei tavoli zoppi a leggere
un menù che conosci a memoria. I venditori di rose rinunciano da un pezzo a
fermarsi al tuo tavolo anche le rare volte che dividi il tempo della tua cena
con una femmina. Ti fosse girato un pacco di soldi per le tasche ora stavi a
succhiare gamberi in Costa Azzurra ma la vita tira senza guardare e anche una
capricciosa può andare e, oltre a placare la fame, già a ordinarla ti pare di
svelare il senso ultimo di tutta la tua vita amorosa. Con supplemento di
salamino piccante dici alle volte al cameriere, con un sorriso che cerca minima
complicità per questo tuo residuo consunto d’orgoglio libertino. E mentre usi i
grissini con lo stomaco come il domatore farebbe con la frusta davanti alla
tigre, alle tue spalle quello arriva silenzioso come un incursore. Prima che
tu abbia realizzato, accanto al tuo piatto compare un pupazzetto, una collanina,
un accendino, una torcia. E un biglietto in guisa d’istruzioni, un bugiardino
della disperazione tua e sua e della pizza. Dice che è sordo e dice pure che è
muto e dice che potete fare un’offerta. Ti lascia il pupazzetto e la torcia e
il bracciale e quello che è sul tavolo e prosegue silenzioso. Quasi altero. Come un sovrano tra gli
scrofolosi. C’è dignità e una sorta di vezzo generoso in quella distribuzione.
Poi torna sui suoi passi e recupera il dono non accettato da lui, eterno
danao delle pizzerie. A volte recupera qualche spicciolo. Quelli che accettano lo
scambio tra stronzata e soldi sono spesso a tavola con bambini vocianti. Il
sordomuto ne ha piena consapevolezza. Conta su quei bambini che hanno la voce che lui giura di non avere.
Torna al tuo tavolo e vi guardate per un secondo, il tempo di fargli distogliere lo sguardo forse nel terrore di lasciarsi sfuggire il segreto. E tu lo sai che lui ci sente e parla. Ma sai anche che essere sordo e muto a quell’ora e tra quei tavoli è una comodità per te e per lui.
Torna al tuo tavolo e vi guardate per un secondo, il tempo di fargli distogliere lo sguardo forse nel terrore di lasciarsi sfuggire il segreto. E tu lo sai che lui ci sente e parla. Ma sai anche che essere sordo e muto a quell’ora e tra quei tavoli è una comodità per te e per lui.
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